Scuola, i paletti dei presidi veneti sull’orario senza il sabato. Ma alcuni licei si preparano
I problemi restano sempre gli stessi: «Poco personale, nessuna stabilizzazione»
VENEZIA. Circa 450 dirigenti scolastici da tutto il Veneto, in videoconferenza con la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo. Una conferenza per parlare della qualità dell’aria all’interno delle aule scolastiche e presentare il nuovo piano approntato per migliorare gli stessi ambienti. È uno dei tasselli di cui si compone il nuovo piano di regole che vedrà il ritorno in aula dei 570 mila studenti veneti.
Questo, mentre infuria la bufera dei prezzi pazzi del gas e una parte consistente di presidi fa muro contro l’ipotesi di ridurre a cinque giorni la settimana per gli studenti delle superiori, sopprimendo le lezioni del sabato. Una suggestione, per ora, che però consentirebbe di risparmiare, tenendo spenti per 24 ore in più i termosifoni.
LA SETTIMANA CORTA
«Se ne parla tanto, ma è una misura che avrebbe dovuto essere decisa in anticipo. Negli istituti tecnici e professionali, il programma si spalma su 32-33 ore settimanali, come è possibile pensare di eliminare il sabato? Senza contare che questo significherebbe rimodulare i trasporti» dice Luigi Zennaro, vicepresidente dell’associazione dei presidi. «Il problema è che manca un’autorità di coordinamento, a livello politico e amministrativo. Si fanno tanti proclami sui giornali, ma ben poche riunioni per condividere i problemi reali della scuola».
Intanto, alcuni licei stanno giocando d’anticipo, determinando l’orario da pubblicare, nel caso in cui la suggestione della “settimana corta” dovesse diventare realtà. Ha fatto così, ad esempio, il liceo Veronese - Marconi di Chioggia, con una delibera preventiva, che fissa le direttive che seguirà, nel caso in cui dovesse prevalere l’ipotesi dell’orario ridotto.
Suggestioni, si diceva, che si inseriscono in un quadro di cambiamento. E di progressivo ritorno alla normalità.
LE NUOVE REGOLE
Il Ministero dell’Istruzione ha preparato un vademecum del ritorno alla normalità. Spariscono i rilevatori della temperatura corporea prima dell’ingresso a scuola. E viene meno anche l’obbligo (ma non la facoltà) di indossare le mascherine in aula, così come spariscono le vecchie regole sul distanziamento.
A scuola, i “casi sospetti” Covid saranno ospitato in una stanza dedicata. I positivi, invece, dovranno rimanere a casa e per loro non è prevista la didattica a distanza. Per rientrare a scuola, dovranno esibire l’esito negativo del test al termine dell’isolamento. Niente quarantena per i loro contatti scolastici.
Tra le altre norme generali, si continuerà ad avere attenzione sull’igiene delle mani e sarà necessario il ricambio frequente dell’aria.
LA SANIFICAZIONE
Proprio la sanificazione dell’ambiente è stata oggetto della conferenza di ieri, organizzata dall’Ufficio scolastico regionale. «L’incontro era informativo» dice Michela Michieletto, preside del liceo Bruno-Franchetti di Mestre, «e un ricercatore dell’Università di Padova ha illustrato i rischi inquinamento indoor: dall’utilizzo dei materiali nelle classi, all’uso e abuso di liquidi per igienizzare e che creano un ambiente non ottimale. È importante creare spazi il più possibile vivibili e di qualità. Formeremo il nostro personale sul corretto utilizzo dei prodotti».
Già dallo scorso anno – soprattutto a causa del Covid – si parlava inoltre di dispositivi di ventilazione meccanica e purificatori, ma per questo anno scolastico si procederà con maggiore organizzazione. «L’uso di questi dispositivi è di competenza dell’ente proprietario – dice la preside mestrina – e solo dopo un monitoraggio della qualità dell’aria nelle scuole si capirà in quali possa essere necessario intervenire con questi dispositivi». Nel frattempo l’areazione avviene in maniera “tradizionale”. «Finché la temperatura lo consentirà, terremo le finestre leggermente aperte. Quando sarà più freddo, chiederemo agli allievi di uscire dalle classi per permettere la completa areazione dei locali per poi ricominciare con la lezione successiva» spiega Michieletto.
Intanto, il decadere delle vecchie regole legate al Covid sta facendo evolvere la scuola verso una nuova fase. «Nel corso dell’incontro, Palumbo ha evidenziato il passaggio dal contrasto alla diffusione del virus alla mitigazione del fenomeno», spiega Massimo Zane, rettore del Foscarini di Venezia. «Lo scenario sarà in evoluzione, ma questa volta siamo tutti più preparati».
LA CARENZA DI DOCENTI
Secondo Zane, l’emergenza maggiore per le scuole di tutto il Veneto consisterà nel reperire docenti di ruolo e supplenti. Un film già visto.
Nell’Itis Da Vinci di Portogruaro sono state accantonate 26 cattedre: le occuperanno docenti «a termine», ai quali sarà stracciato anzitempo il contratto, in scadenza il 31 agosto, in caso di individuazione di un avente diritto.
«Da tre anni il reclutamento avviene con un meccanismo informatizzato, cosa che ha fatto saltare ogni contatto fra l’aspirante alla supplenza e gli uffici scolastici, che hanno diminuito il personale, ma devono fare tutte le cose che facevano prima» spiega Zane. «Di fatto, l’autonomia delle scuole è rimasta parziale e il sistema degli algoritmi ha creato non solo malumori, ma un consistente aumento delle rinunce».
La pensa allo stesso modo Luigi Zennaro: «Non è cambiato nulla. Le nomine sono un disastro, non si riescono a fare i concorsi e non si riesce a stabilizzare gli insegnanti precari». Ci sono professori entrati in servizio il primo settembre, informati soltanto la sera prima di essersi aggiudicati la supplenza.
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