Sì dal 70 per cento dei creditori Pasta Zara adesso è salva

RIESE PIO X. Niente fallimento, Pasta Zara è salva: è arrivato il «sì» ufficiale al concordato preventivo presentato dall’azienda di Riese. I commissari hanno depositato in tribunale le adesioni espresse dai creditori – i termini scadevano venerdì scorso – al piano di rientro proposto dal pastificio di Riese Pio X, che in questi mesi ha rischiato il tracollo sotto il peso di una pesante situazione debitoria. L’azienda ha continuato a lavorare, i conti sono stati defibrillati con misure d’emergenza (come la cessione a Barilla dello stabilimento triestino di Muggia), in tribunale si è lavorato per proporre ai creditori la migliore soluzione possibile: si è arrivati a proposte distinte (sei classi) che vanno da un ristoro minimo del 33% a un massimo del 100% delle somme dovute, e in base a ciò i creditori si sono espressi. La conta dei «sì» è terminata ieri ed è stata notificata ai vertici dell’azienda: oltre il 70% ha approvato il piano di concordato. Ora si attende il timbro ufficiale da parte del tribunale di Treviso con il decreto di omologa nelle prossime settimane.
La crisi era deflagrata, improvvisa ma non troppo, con una comunicazione del 3 maggio 2017 dell’azienda, firmata dal presidente: Pasta Zara Spa rendeva nota l’impossibilità di saldare la cedola di un bond scaduta il 31 marzo dello stesso anno, parte di un prestito quinquennale di cinque milioni di euro. Era l’inizio del crollo del castello di conti, con numeri – si leggono nell’ammissione al concordato in continuità firmata dal giudice Antonello Fabbro – pesantissimi: quasi trecento milioni di euro di debiti, dei quali 194 milioni chirografari a altri 101 milioni privilegiati.
Taglio drastico dei costi, razionalizzazione del prodotto, cessioni straordinarie (Muggia, appunto, per 118 milioni di euro): con queste misure, lo storico pastificio di Riese è riuscito a rimanere sopra la linea di galleggiamento. Pasta Zara, controllata dalla famiglia Bragagnolo, è partecipata dalla finanziaria regionale del Friuli Venezia Giulia, Friulia (11,25%), e da Simest (11,76%). A livello di holding (la lussemburghese Ffauf Sa della famiglia Bragagnolo) ci sono altri 50 milioni di euro di debiti nei confronti di Bank of China. Sabbie mobili dalle quali ora la storica azienda esce con il «sì» dei creditori al concordato. —
Fabio Poloni
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova