Strage di Trebaseleghe: il padre ha rincorso i figli per casa uccidendoli senza pietà

Ricostruita la dinamica della tragedia in via Sant’Ambrogio. L’orrore è iniziato all’alba nella camera da letto dei due ragazzi, che hanno cercato di salvarsi scappando fino alla porta di ingresso sprangata
I rilievi dei carabinieri nella villetta della strage
I rilievi dei carabinieri nella villetta della strage

TREBASELEGHE. Un corridoio lungo quattro metri, con le scie di sangue che disegnano traiettorie di trascinamento, di lotta, di accanimento. Le tracce ematiche, ripercorse a ritroso, conducono nella cameretta dove dormivano Francesca e Pietro, 15 e 13 anni. È cominciato tutto lì, probabilmente all’alba, quando Alessandro Pontin, il loro papà, si è svegliato.

L’orrore della casa di via Sant’Ambrogio ha scosso persino i professionisti delle investigazioni scientifiche. E ogni scia di sangue suggerisce una sequenza di quella feroce aggressione, con il quarantanovenne che ha la meglio su entrambi i figli. La mattanza dopo una giornata esemplare trascorsa insieme.

Alessandro Pontin aveva ricevuto i figli nel primo pomeriggio di sabato. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori è successo tutto in un arco orario che va dalle 6 del mattino fino alle 8. Pontin si è svegliato, ha scritto il biglietto d’addio (“Voglio essere cremato, spargete le mie ceneri”) e poi ha impugnato un coltellaccio da cucina. È entrato nella camera dove dormivano i suoi ragazzi, assestando i primi colpi alla gola. Non è riuscito a finirli subito.

Entrambi si sono svegliati di soprassalto, spaventati e increduli di fronte a ciò che stavano vedendo. Sono riusciti a uscire dalla camera, feriti, in confusione. Una corsa disperata verso la porta d’ingresso, con l’obiettivo di aprirla, uscire, chiedere aiuto. La loro corsa si è fermata lì, contro la porta chiusa a chiave, a due passi dal tinello. Il padre li ha colpiti ancora, fino a ucciderli. Poi ha puntato la lama contro se stesso e si è tolto la vita.

 

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