Processo tamponi rapidi, prosciolti Rigoli e Simionato

A Padova si è chiuso in anticipo il processo al medico trevigiano subentrato alla direzione delle Microbiologie del Veneto e all’ex dg di Azienda Zero. L’accusa era di concorso in falso ideologico e turbativa d’asta. Accolta l’istanza delle difese

Cristina Genesin
Il dottor Roberto Rigoli durante un'udienza del processo a Padova
Il dottor Roberto Rigoli durante un'udienza del processo a Padova

Tamponi rapidi sotto accusa, il processo è chiuso in anticipo. Lo ha deciso il giudice monocratico di Padova Laura Chillemi che ha accolto l'istanza di proscioglimento immediato nei confronti degli imputati sollevata dalla difesa, i penalisti Giuseppe Pavan e Alessandro Moscatelli, che assistono rispettivamente il medico trevigiano Roberto Rigoli subentrato alla direzione delle Microbiologie del Veneto dopo il “licenziamento” del professor Andrea Crisanti da parte del governatore veneto Luca Zaia, e l’allora direttrice generale di Azienda Zero, Patrizia Simionato, accusati di concorso in falso ideologico e turbativa d’asta, mentre solo il primo doveva rispondere anche di frode processuale.

Secondo l’articolo 129 del codice di procedura penale, in qualunque momento del processo il giudice può riconoscere che l’accusa contestata non sta in piedi o la condotta non può essere bollata come un reato. Ed è a quella norma che avevano fatto riferimento i due legali per stoppare il processo che ruota intorno al concetto di “validazione scientifica” con riferimento ai test rapidi comprati da Azienda Zero in piena pandemia per gli screening negli aeroporti, come per gli accessi in ospedali e case di riposo.

Il 25 agosto 2020 Azienda Zero aveva pubblicato un avviso di ricerca di mercato per l'acquisto di test rapidi anti Covid indicando, tra i requisiti, una sensibilità di almeno l’80%.

La multinazionale Abbott aveva risposto all’indagine della Regione soddisfacendo i requisiti e consegnando i prodotti acquistati in due lotti da 900 mila e 1 milione e 260 mila euro.

Al centro della contestazione, la mancata validazione dei test. Secondo il pm Benedetto Roberti non bastava la “prova” su un positivo eseguita da Rigoli; secondo le difese non spettava a Rigoli una ricerca scientifica avendo i tamponi il marchio Ce ma soltanto una semplice valutazione di idoneità tecnica all’utilizzo prima dell’acquisto della fornitura.

Luca Zaia: «Trionfo della giustizia»

«Una notizia che ripristina e si ristabilisce la verità, dopo anni di insinuazioni, accuse e le peggiori cose che abbiamo sentito dire» ha dichiarato il Presidente della Regione Veneto dopo la sentenza di assoluzione.

«Ho sempre difeso questi due professionisti della sanità del Veneto, e penso che questa sentenza rappresenti anche una giusta riabilitazione sociale verso persone che hanno sofferto molto. Si tratta di professionisti che hanno subito pesanti conseguenze, anche sul fronte della salute, a causa di accuse impensabili e inimmaginabili».

«Voglio pubblicamente ricordare – ed è il caso di farlo – che, dinnanzi a Rigoli, ci troviamo di fronte a un medico che ha fatto il giuramento di Ippocrate e ha sempre dedicato il proprio impegno prioritario alla cura dei cittadini. Rigoli è stato una figura fondamentale nel delicato periodo del COVID, una persona che, in un momento pandemico di grandissima incertezza, ci ha permesso di andare oltre le difficoltà e gli ostacoli. È stato, ed è tuttora, una persona che ha messo a disposizione tutta la sua conoscenza a beneficio della comunità»

«Con questa sentenza trionfano la giustizia e la democrazia, e si rinnova la piena fiducia nella magistratura. Resta tuttavia l’amaro in bocca per la gogna pubblica e mediatica subita da questi due dirigenti, che sono stati letteralmente maltrattati dopo essersi impegnati in prima fila per la collettività».

Conclude il Presidente Luca Zaia: «Resta un’ultima considerazione. Le carte processuali erano chiare e tutte le argomentazioni e spiegazioni sul caso erano state presentate fin dall’inizio di questo iter giudiziario. Mi chiedo quale fosse lo scopo di impiegare risorse, tempo e personale della pubblica amministrazione, esponendo questi professionisti e la nostra sanità a polemiche, accuse e attacchi politici, per poi arrivare a un’assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste. Sentenza che inoltre è arrivata a processo ancora in corso».

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