Terzo mandato, la Lega pronta a forzare con Salvini. E si tesse la tela del partito dei sindaci veneti

Il segretario non sarebbe disposto alla corsa contro FdI. Zaia verso il sostegno con la sua lista. Ma Conte abbassa i toni: «Carroccio compatto con Matteo per mantenere la guida in Regione»

Laura Berlinghieri
Luca Zaia a un raduno della Lega a Pontida
Luca Zaia a un raduno della Lega a Pontida

Lega spaccata. È il più clamoroso degli scenari. Quella per Salvini premier da una parte, a sostegno del candidato di governo; e i “ribelli” del lighismo dall’altra, magari capeggiati da quel Mario Conte, sindaco di Treviso, le cui quotazioni sono date in crescita. Oppure guidati da Alberto Stefani: salviniano, sì, ma anche amministratore e, da segretario regionale del partito, riuscito a ritagliarsi la sua autonomia, giusto per rimanere in tema.

Ma c’è anche chi scommette che, svuotato dei suoi uomini di punta in Regione, a partire dallo stuolo di assessori già al secondo giro, il partito nazionale di Salvini incontrerebbe il suo epilogo. Incapace persino di radunare i candidati necessari a comporre una lista “antagonista” alla Liga veneta.

È lo scenario iniziato ad avanzare, timido, negli ultimi giorni. Dai più ancora derubricato a «fantapolitica»; ma poi arriva sempre il «non succede, ma se succede...».

L’innesco sono state le parole del ministro Luca Ciriani, con il suo «niet» trasversale a tutte le ambizioni venete: il quarto mandato per Luca Zaia, il posticipo delle elezioni al 2026, persino la candidatura leghista in Veneto. Inutile dire che l’uscita della premier Meloni ha fatto il resto.

Fratelli d’Italia cambia pelle in Veneto: è l’era degli amministratori locali
Enoch Soranzo e Filippo Giacinti

Ne è seguita la mitragliata dei leghisti, che, raramente tanto compatti e decisi, hanno alzato la temperatura dello scontro. Roberto Marcato, Mario Conte, Alberto Villanova. Stesso refrain venerdì a Verona, durante la riunione del direttivo provinciale del partito, con amministratori, segretari di sezione e militanti: c’erano Stefani, la vicepresidente De Berti, il senatore Tosatto, l’eurodeputato Borchia, l’ex presidente della provincia Scalzotto.

Uniti nel ribadire disponibilità, e voglia, a correre da soli. Si è esposto anche Massimo Bitonci – sottosegretario e quindi membro del governo – che, senza tanti giri di parole, ha scandito: «Avanti da soli».

Farlo significherebbe spaccare il governo – a proposito, un primo incontro tra i leader dei partiti per parlare di regionali dovrebbe tenersi entro fine mese. Ma, prima, i leghisti potrebbero decidere di spaccare la Lega.

Intorno alle figure di Conte e Stefani si sta radunando una folta schiera di amministratori: con o senza casacca di partito. Sindaco di Treviso e presidente veneto dell’Anci, il primo; ex sindaco di Borgoricco e segretario regionale del partito, il secondo. Giovani.

Conte: sorta di Zaia 2.0, capace di dialogare anche con certa sinistra, con cui ha combattuto delle battaglie. Si pensi al modello di accoglienza diffusa dei migranti, di cui era sostenitore. Progressista, attento ai diritti civili. E il legame con il centrosinistra non è secondario: «Se il centrodestra si spacca, rischiamo di arrivare terzi. E il modello Verona non è mutuabile, perché alle Regionali non c’è il ballottaggio» ragiona un colonnello del Pd.

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Stefani: il volto, tra i parlamentari, della battaglia per l’Autonomia, pdl di cui è stato relatore alla Camera. Attento alle battaglie per l’ambiente. Apprezzatissimo da Salvini, che lo ha voluto come suo vice federale; ma riuscito a radunare attorno a sé un suo consenso, anche in regione. È stato tra i primi, in questa Lega che si avvicina all’appuntamento elettorale, a parlare dell’importanza del mondo civico.

Certo, la frattura di centrodestra in Veneto comporterebbe la rottura a livello nazionale. E, certo, Salvini non lo permetterebbe. Perché, rompere tutto per il Veneto – per di più, per il Veneto di Zaia: ecco, questo, no.

«Salvini saprà interpretare al meglio le esigenze del Veneto, una regione che fa del buon governo il suo biglietto da visita» è il commento liturgico di Conte, «La Lega resterà compatta nella sua battaglia, per mantenere la presidenza. È una battaglia identitaria».

E Zaia? C’è chi lo vede già come sorta di “padre nobile” del partito (veneto), pronto a sostenere il candidato lighista con una lista a suo nome. Intanto resta a guardare. E alle conferenze stampa ripete il solito ritornello: «È ancora presto, non ci perdo il sonno».

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