Tra Padova e Treviso è già comparso il predatore di cimici

PADOVA. Sarà un altro insetto alieno a respingere l’invasione della cimice asiatica? Tutto fa pensare che la battaglia si consumerà a livelli quasi microscopici, intorno alle uova della prolifica cimice che solo in Veneto ha già provocato danni in agricoltura per oltre 100 milioni di euro e ora cerca riparo nel tepore delle abitazioni, provocando vere e proprie crisi domestiche.
A fermare la vorace e attiva Halyomorpha halys, questo il nome scientifico della asiatica - assai più resistente della nostra cimice verde autoctona - sarà un insetto molto più piccolo, arrivato sempre dall’Oriente approfittando di un passaggio nelle fitte rotte commerciali tra Europa e Asia. Del resto anche la cimice asiatica è arrivata così, qualche anno fa, trovando un habitat ideale, ricco di ottimo cibo e senza nemici naturali. Ma qualche nemico ha pensato bene di seguirla, con i tempi della natura. Si tratta delle minuscole “vespe samurai”, in grado di parassitare le uova della cimice.
Mentre il Governo, confortato dalle sperimentazioni e pressato dagli agricoltori disperati, sta modificando la normativa per permetterne l’introduzione, la piccola vespa ha già fatto la sua comparsa in Italia. E anche in Veneto ci sono stati degli avvistamenti importanti. Se la “vespa samurai” o meglio, Trissolcus japonicus, è già presente tra Lombardia e Piemonte, nella nostra regione gli esperti si sono imbattuti in una “cugina”, la Trissolcus mitsukurij, anche questa particolarmente interessata alle uova delle cimici asiatiche.
Problema risolto dunque? No di certo, perché i minuscoli insetti oofagi (così chiamati perché si nutrono di uova di altri insetti) arrivati dall’ Oriente potranno essere solamente osservati finché non arriverà l’autorizzazione ministeriale alla loro diffusione nelle aree maggiormente colpite dalla cimice. «I risultati di un progetto finanziato dalla Regione Veneto hanno confermato la presenza della vespa Trissolcus mitsukurij a macchia di leopardo, tra Cittadella e Castelfranco Veneto» spiega Alberto Pozzebon, professore associato del Dafnae, il Dipartimento di agronomia, animali, alimenti risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova «Per il momento possiamo solo monitorare l’insetto e seguirne gli spostamenti, ma non possiamo intervenire. Prima infatti bisognerà accertare che i rischi ambientali per la diffusione di questo insetto esotico siano accettabili a fronte del beneficio che potrebbero portare. Ma il percorso è appena agli inizi, servirà uno studio che coinvolga più esperti perché questo insetto, pur non essendo dannoso per l’uomo, potrebbe alterare l’equilibrio naturale attaccando anche altri insetti utili in natura. Per la “vespa samurai” la ricerca in questo senso è già ad uno stadio più avanzato, perché l’insetto è stato individuato prima».
Il Presidente della Repubblica aveva già firmato il decreto che consente l’importazione di specie esotiche, ma ora servono i decreti attuativi con cui fissare i criteri di diffusione della vespa. «Il nome non deve trarre in inganno» assicura Pozzebon «perché la vespa samurai, quasi invisibile a occhio nudo, non dà alcun fastidio all’uomo e ai suoi ambienti. Diversa invece la valutazione dell’impatto che la sua diffusione potrà avere sull’ecosistema del nostro territorio e sulla biodiversità delle specie. Non è banale dimostrare l’accettabilità del rischio e il dossier sarà frutto di un dialogo fra diversi esperti».
Solo quando arriverà il via libera, la vespa samurai potrà essere allevata su larga scala e diffusa nell’ambiente. «Anche in questa ulteriore fase ci sarà da fare attenzione ad alcuni aspetti importanti» aggiunge Pozzebon «perché certi trattamenti che già vengono eseguiti sulle colture potrebbero uccidere la vespa. Ci sono studi anche in questo senso, perché l’allevamento su larga scala ha dei costi importanti».
Per quanto riguarda la lotta alle cimici i risultati sono confortanti, perché la vespa samurai pare arrivi a devitalizzare fino al 90 per cento delle uova. Un fatto comunque è certo, e su questo gli esperti concordano: la cimice asiatica non si potrà eliminare del tutto perché ormai è integrata nelle nostre campagne, si tratta di trovare la soluzione migliore per limitarne la diffusione.
Oltre che sulle vespe esotiche la ricerca continua anche su alcuni insetti autoctoni. Il più promettente è l’Anastasus bifasciatus, una minuscola formica studiata dallo scorso anno dall’Università di Modena. Alle prime sperimentazioni è seguita, sempre in Emilia, una prova su una coltivazione di mele attraverso “lanci inondativi” dell’insetto. «I risultati li avremo a breve» conclude il professor Pozzebon «ma anche in questo caso l’eventuale scelta di ricorrere a questo insetto dovrà essere supportata da una attenta valutazione scientifica. Lavoriamo con gli insetti e dobbiamo rispettarne i tempi e l’habitat».
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