Truffa da 4 milioni di euro con il finto prosecco

Coinvolte undici province di sei regioni. La ditta fantasma, centro della contraffazione dei documenti, aveva sede a Conegliano Veneto. Dal 2005 ad oggi sono stati immessi sul mercato 24 mila ettolitri «taroccati»
PADOVA. Oltre 24 mila ettolitri di comune vino da pasto «trasformati» in nettare d'uva «Doc», in pregiato prosecco e pinot grigio. E' la truffa da 4 milioni di euro scoperta da Corpo Forestale dello Stato e Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, col coordinamento della Procura di Pordenone. Una strategia criminosa a vasto raggio, articolata in sei regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana) e 11 province (Padova, Treviso, Verona, Vicenza, Udine, Pordenone, Bolzano, Alessandria, Ravenna, Reggio Emilia e Firenze). Sette le persone denunciate - produttori, mediatori, trasportatori, «teste di legno» - per reati che vanno dall'associazione per delinquere alla frode in commercio aggravata, dal falso in atto pubblico alla fatturazione per operazioni inesistenti. Individuati la mente e il braccio destro operativo - già conosciuti per irregolarità - del grande inganno, che se non fosse stato colpito avrebbe continuato a svilupparsi in modo esponenziale, avendo «spacciato» oltre 24 mila ettolitri «taroccati» solo dal novembre 2005.


Oltre 3.500 ettolitri sono stati «cautelati» nei giorni seguíti al «blitz» scattato il 4 luglio: 1.220 sequestrati a una ditta di Trebaseleghe (Padova), 1.100 a una di Ovada (Alessandria), 900 a una di Azzano Decimo (Pordenone), 600 a una di Treppo Grande (Udine) e 300 a una di Ponte di Piave (Treviso). A Faenza (Ravenna) sono stati trovati 500 documenti in bianco pronti per diventare false bolle di accompagnamento, oltre a registri e timbri, relativi a una ditta fantasma, l'inesistente azienda agricola «I Mulini» con sede a Conegliano Veneto (Treviso). Era proprio questa a costituire la «fucina» delle carte contraffatte. Quando gli investigatori sono arrivati sul posto, spacciandosi per tecnici dell'Enel, hanno scoperto che si trattava in realtà di una semplice villetta. Ad Azzano è stato invece fermato uno degli ideatori, un enologo già implicato in inchieste.


Appunto ad Azzano confluivano i quantitativi di comune vino bianco (forniti in particolare da Emilia Romagna e Puglia) che venivano «trasformati» in Prosecco Igt della Marca e in Pinot grigio Igt delle Venezie attraverso documenti fittizi emessi da «I Mulini» e dalla Srl La Sociale di Reggio Emilia. Il vino «diventato» Doc veniva quindi commerciato tramite diverse aziende che lo rivendevano. Si sta completando l'«organigramma» delle società che hanno reso possibile il raggiro con carichi contabili fasulli, trasporti inesistenti, bolle false.

L'intervento è scattato quando gli investigatori hanno bloccato un corriere che in auto portava documenti fasulli da Ovada ad Azzano. Ne aveva con sé dieci, ciascuno corrispondente a 300 ettolitri di vino per un totale dunque di 3 mila. Una frode ben redditizia: il vino, acquistato a 30 centesimi al litro e «caricato» di 10 per il costo dei falsi documenti, veniva venduto all'ingrosso a 1 euro al litro, rispetto all'euro e 50-60 del prezzo corrente, quindi con danno concorrenziale per i produttori onesti. Incalcolabile il danno d'immagine per il settore.


Nella patria del Prosecco doc, i produttori sono infuriati per l'ennesima truffa ai danni delle «bollicine» di Conegliano e Valdobbiadene. Il direttore del Consorzio del Prosecco, Giancarlo Vettorello, tuona: «E' ora di finirla, questi personaggi sono i soliti noti sin dall'epoca dello scandalo del metanolo. Invece di punire con sanzioni che non vengono applicate, bisogna impedire a costoro di continuare ad agire sul mercato con dei prestanome». Per Pierluigi Bolla, presidente della Valdo Spumanti, «è il momento di pesanti pene per le frodi; e il Doc deve essere imbottigliato nelle zone di produzione e non altrove».

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