Ubriaco in bici, si fa un mese di carcere

TREVISO. Sta scontando in carcere una pena di 30 giorni per guida in stato di ebbrezza in bicicletta. Si tratta di un residuo pena che l’uomo non aveva mai convertito in denaro perché all’epoca privo di disponibilità economica.
La storia di Antonio, nome di fantasia, rappresenta il classico caso di giustizia tanto implacabile da sembrare ingiusta: l’uomo, 50enne residente in città, nel 2007 in sella alla sua bici finisce in un fossato. Viene soccorso, e trasportato all’ospedale dove i medici gli riscontrano soltanto un tasso alcolemico superiore al limite consentito. Codice della strada alla mano, inevitabile il procedimento penale che si conclude con un patteggiamento di due mesi. Ma Antonio converte in pena pecuniaria soltanto 30 dei 60 giorni, perché la somma complessiva da versare è troppo alta: 4.500 euro, denaro che lui non ha a disposizione. Tutto sembra comunque destinato a finire qui. L’uomo accetta di entrare in comunità al Ceis di Santa Maria del Rovere dove segue alla lettera i trattamenti di recupero previsti, riuscendo a vincere la sua dipendenza dalla bottiglia. Antonio ormai è una persona che ha riconquistato la fiducia dei familiari, e soprattutto quella in se stesso. Ha una casa propria, un lavoro stabile come muratore e ha conseguito anche il patentino per guidare lo scooter. Ogni difficoltà sembra superata. Almeno fino allo scorso 2 giugno, quando viene prelevato dalla sua abitazione e condotto alla casa circondariale di Santa Bona. «Ci sono 30 giorni di carcere ancora da scontare», gli spiegano i pubblici ufficiali, precisando che l’autorità giudiziaria lo aveva ripetutamente cercato (ma invano) affinchè tramutasse quel mese di detenzione in lavori di pubblica utilità.
Anche perché il 50enne aveva già due precedenti specifici risalenti al 2000 e al 2004 che aveva definito pagando prima un milione e 250mila lire, e poi 1.000 euro. «Siamo davvero amareggiati», dicono i parenti dell’uomo, «perché il provvedimento della magistratura è scattato proprio nel momento in cui Antonio si era riabilitato e reinserito socialmente. Dal giorno in cui è caduto con la bicicletta nel fossato, non ha infatti più bevuto neppure un sorso di vino».
Nelle ultime ore la famiglia si è rivolta a un legale al fine di verificare quali margini ci siano per consentire al 50enne di scontare almeno agli arresti domiciliari quei giorni che gli mancano per saldare definitivamente il suo conto con la giustizia. «L’avvocato ci ha spiegato che i tempi non sono brevissimi», dice il fratello del 50enne, «se dovessimo avviare la procedura, Antonio tornerebbe a casa soltanto qualche giorno prima di uscire naturalmente dal carcere».
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