«Un anno, pena sospesa L’omicidio di mia figlia vale meno di un furto»
Lo sfogo dei genitori di Giulia Guerra, studentessa al Calvi di 17 anni morta nell’auto guidata dal fidanzato di un anno più grande: «Correva troppo e aveva bevuto, non è mai venuto a dirci cosa è successo e a chiedere scusa»
IL FATTO Muore a 17 anni nell'auto guidata dal ragazzo
IL FATTO Muore a 17 anni nell'auto guidata dal ragazzo

Giulia con il fidanzato Giulio Garbo
PADOVA. «In camera di Giulia non c’è polvere. Non so perché. Non c’è». Mamma Silvana ha il sorriso di un angelo. La camera è rimasta tale e quale da quando Giulia non c’è più. Solo mamma Silvana ci entra. A letto, sotto le lenzuola rimboccate, ci sono un delfino e un cagnolino. I due peluche preferiti di Giulia. Mamma Silvana ha un sorriso tenero.
Si siede e guarda il marito Vittorino mentre parla e rigira fra le mani il mattino di Padova di ieri. Martedì pomeriggio Giulio Garbo, 18 anni all’epoca dei fatti, residente a Ponte San Nicolò, ha patteggiato davanti al gip Paola Cameran un anno di reclusione (pena sospesa), più un anno di sospensione della patente per l’omicidio colposo di Giulia Guerra, 17 anni, morta sul colpo all’interno dell’abitacolo della Citröen C4 alla cui guida c’era proprio Giulio.
I due si frequentavano da tre anni. Dal 16 febbraio 2008 i genitori di Giulia non hanno più visto il ragazzo. Giulio Garbo era stato rinviato a giudizio per omicidio colposo in quando la perizia ha stabilito che la Citröen C4 impattò contro il palo della luce di lungargine Bassanello a 88 chilometri orari. Il ragazzo quindi correva abbondantemente sopra i limiti. Inoltre aveva anche bevuto: il test quella notte risultò positivo. Il rinvio a giudizio lo sottolinea: «Si era messo alla guida in stato di ebbrezza».
«E’ una sentenza che rende doppio il nostro dolore», rompe il ghiaccio papà Vittorino. Ha gli occhi gonfi. Trattiene a stento le lacrime. Attorno al tavolo c’è anche la zia di Giulia, Giovanna, il fratello maggiore Filippo e l’amica del cuore di Giulia: si chiama anche lei Giulia. «Ho letto sul giornale che sarebbe stato l’avvocato del ragazzo a chiedere il patteggiamento in quanto la compagnia assicuratrice dell’imputato ha risarcito i familiari della vittima. Non è vero. E questo ci fa male». «Abbiamo voluto chiudere la questione economica solo perché Giulia riposi in pace. Quelli sono soldi sporchi di sangue - interviene mamma Silvana - Non ci interessano i soldi. Venderemmo anche la casa se potessimo riavere Giulia».
L’indice di papà Vittorino si frema sulle parole scritte sul giornale: un anno di reclusione (pena sospesa). E prende fiato. Tenta inutilmente di mandare giù il groppo che ha in gola. Non è l’interpretazione del gip che i signori Guerra non condividono: è la legge che prevede il patteggiamento a un anno per omicidio colposo che non capiscono. «Prima del patteggiamento è andato a processo uno straniero - continua - Ha preso un anno e quattro mesi per furto. E’ possibile? L’omicidio di mia figlia vale meno di un furto?». «Non bastasse, fin dall’inizio del dramma avremmo voluto sapere la verità. Sapere come è morta Giulia - si inserisce zia Giovanna - Quel ragazzo non ha mai mostrato un segno di pentimento. Non ci ha chiesto scusa. Eppure noi siamo sempre stati qui. Lui per tre anni entrava e usciva da questa casa. E solo lui sa cos’è accaduto quella sera».
Papà Vittorino. Mamma Silvana. Il fratello Filippo. La zia Giovanna. L’amica Giulia. Ieri si sono ritrovati attorno a un tavolo. In cucina, nella abitazione dei Guerra, in via Facciolati 95 a Sant’Osvaldo. A domandarsi com’è la vita un anno dopo che Giulia non c’è più. «Appena succede una tragedia simile, uno pensa di farcela - spiega mamma Silvana - Dopo un anno, invece, capisci che non ce la farai mai. Nessuno può superare la morte di un figlio. E allora vivi così, vai avanti. Per fortuna io ho fede. Mi affido più alla fede che alla ragione giorno dopo giorno. Giulia è in un posto dove conosce verità e giustizia. Conoscere la verità e avere giustizia servirebbe più a noi».
Mamma Silvana è diventata amica di Anna, la mamma di Alessia Brombin, la ragazza di 17 anni uccisa sul cavalcavia di Chiesanuova da un camion mentre andava a scuola in bicicletta il 28 settembre del 2007. In realtà è stata la signora Anna a cercare mamma Silvana. Prima le ha scritto una lettera poco dopo la scomparsa di Giulia. Poi le ha inviato un mazzo di fiori colorati. Sul biglietto c’era scritto: questi fiori sono per Giulia. Anche Alessia amava i colori. Anna e Silvana ora si sentono spesso. Condividono lo stesso insopportabile dolore. Sia Giulia che Alessia chiamavano le loro rispettive mamme «Mima».
Mamma Silvana, poi, rivela un particolare. Nello schianto il telefonino di Giulia si era rotto. I genitori l’hanno fatto aggiustare. E fino a poco tempo fa gli amici spedivano ancora gli sms, senza sapere che li leggeva la mamma, in silenzio, seduta sul letto, in camera della sua Giulia: «La chiamavano stella, le volevano bene». A fine agosto, quando morì in un incidente in Austria Enrico Menon, il sedicenne che viveva nella parrocchia di Cristo Re, qualcuno inviò un messaggio a Giulia: «Ora tu ed Enrico veglierete insieme su di noi».
«Dire che la causa “forse” è stata la velocità sostenuta, “forse” l’inesperienza, “forse” l’umidità che avevo reso scivoloso l’asfalto è un insulto a Giulia. Giulia è “forse” morta? - irrompe papà Vittorino - Ci sono le perizie che parlano chiaro». E’ ciò che stabilisce la legge, che per i genitori «non rende giustizia a Giulia».
«Sarebbe bastato che fosse venuto a chiederci scusa - aggiunge mamma Silvana - Per contro, invece, ringraziamo tutti quelli che ci sono stati vicini in questo anno. Il fatto che continuino a venire qui, anche gli amici di Giulia, significa molto per noi. Significa che per tutti Giulia è comunque fra noi». Lo dimostra anche il premio assegnato quest’anno dalla direttrice scolastica del Calvi (istituto che frequentava Giulia) all’alunno più meritevole e la borsa di studio «Danzo per Giulia» istituita dalla scuola di danza gestuale che la ragazza frequentava da 12 anni.
Ma lo dimostra anche la cappella di famiglia nel cimitero di Montegalda. Mamma Silvana e papà Vittorino a volte sono costretti a portarsi a casa fiori, piante e pupazzi che amici, ex compagni di classe e parenti lasciano sulla sua tomba. «Giulia ci manca tanto. Con lei è andata via anche una parte di me - si fa largo l’amica Giulia - Io solo so: il mio angelo custode si chiama come me. Giulia».
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