Un palazzo da 35 milioni finito per 70 alla Regione

VENEZIA. Dev’essere un destino cinico e baro quello che perseguita Gian Michele Gambato, presidente di Sistemi Territoriali, società della Regione, oltre che dell’Associazione Industriali di Rovigo,...
Di Renzo Mazzaro

VENEZIA. Dev’essere un destino cinico e baro quello che perseguita Gian Michele Gambato, presidente di Sistemi Territoriali, società della Regione, oltre che dell’Associazione Industriali di Rovigo, perché è triste venire a conoscere i fatti propri soltanto dai giornali. Anche stavolta lui casca dalle nuvole. È sempre l’ultimo a venire a sapere cosa gli succede. E dire che paga fior di avvocati perché lo tirino fuori – si presume non a sua insaputa – da una storia che sembra quella del signor Intento, che dura tanto tempo e mai non si sbriga. «Non ho niente da dire perché non so nulla», ci ripete. «Non ho avuto nessuna comunicazione, per me tutto è rimasto com’era, cioè una pratica chiusa. Penso che sia una guerra in corso a Roma che riguarda Caputi, non me».

Caputi, di nome Massimo, è il compagno di una vita di lavoro e di affari fatti insieme. È l’azionista di maggioranza della Proger di Roma, la società di progettazione che assume Gambato come direttore commerciale a fine anni Ottanta. È l’amministratore delegato di Grandi Stazioni spa che lo assolda nel 2001 per vendere il palazzo delle Ferrovie di Venezia-Santa Lucia alla Regione Veneto. La compravendita vira in affitto, il palazzo passerà di mano solo nel 2007 per 70 milioni di euro, dopo che nel 2001 era stato valutato 70 miliardi di lire, cioè 35 milioni di euro, da due dirigenti regionali, Umberto Bocus e Loris Costantini. Alla firma del contratto con Grandi Stazioni il 20 marzo 2007, l’allora presidente Giancarlo Galan parla di «grande risultato per la Regione». Dal punto di vista logistico senz’altro: oggi il palazzo ospita 600 dipendenti, prima dispersi in millanta sedi. Ma vuoi mettere il risultato di Grandi Stazioni? La società si accontentava di vendere a 64 milioni di euro, invece tocca quota 70 realizzando un surplus di 24,1 milioni, al netto della rivalutazione e dei lavori di ripristino. Chiaro che paga volentieri la mediazione.

Michele Gambato, che oggi lamenta di essere «finito nel tritacarne», incassa complessivamente una parcella di un milione e 600 mila euro. Consulenza, sostiene lui, non mediazione. Ma se non è zuppa è pan bagnato. La giunta regionale non trova nulla di strano che il presidente di una società della Regione lucri una milionata e mezzo su un esborso della stessa Regione fatto con i soldi dei contribuenti. Bisogna aspettare il 2010, quando si mette in moto il «tritacarne» a dirla con Gambato: il nuovo amministratore delegato di Grandi Stazioni, Fabio Battaggia, non si spiega la parcella milionaria pagata dalla sua stessa società e denuncia per truffa Gambato e altri ex dirigenti della spa. Di rimbalzo gli atti vengono girati a Venezia, dove la procura ipotizza la concussione. Poi dal 2010 silenzio.

A tirare fuori queste vicende dai fascicoli di magistrati e avvocati, arriva lo scorso febbraio lo scandalo del palazzo di via della Stamperia a Roma, vicino alla Fontana di Trevi, comprato a 26,5 milioni di euro dal senatore del Pdl Riccardo Conti e venduto poche ore dopo per 44,5 milioni all’Enpap, l’ente di previdenza degli psicologi italiani. L’analogia con la vicenda Grandi Stazioni, rilancia Gambato e Caputi sulle prime pagine dei giornali dando la sveglia al Consiglio regionale del Veneto. Il quale annuncia una commissione d’inchiesta «per l’accertamento della procedura d’acquisto del complesso immobiliare delle Ferrovie». Ieri il consigliere Pettenò si è rivolto direttamente a Luca Zaia, chedendo di «conoscere in quali strutture regionali sia presente il signor. Gian Michele Gambato, quali siano le indennità da questi percepite e se non ritenga di sollevarlo da ogni incarico in attesa dell’esito delle indagini a suo carico».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova