Una nuova medusa infesta l’Alto Adriatico

VENEZIA. C’è una nuova medusa che infesta l’Alto Adriatico: ancora non ne sappiamo molto, se non che può raggiungere grandi dimensioni e che si riproduce a grande velocità. È stata identificata da due ricercatrici del dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Carlotta Mazzoldi e Valentina Melli, impegnate nel laboratorio sul campo della sezione idrobiologica di Chioggia.
Le studiose hanno analizzato la banca dati rivelando che non si tratta di una specie comune nella nostra zona. Secondo le analisi morfologiche e genetiche dei campioni, si tratterebbe infatti di esemplari nuovi, appartenenti a una specie di scifo medusa. La bellissima creatura, di cui non conosciamo ancora il potenziale pericolo, è stata battezzata con il nome di Pelagia benovici, in onore di Adam Benovic, biologo croato noto per i suoi studi sulle meduse. Il primo ritrovamento si deve ad un pescatore di Chioggia, che il 7 novembre 2013 ha inviato una segnalazione, corredata di fotografie, della presenza di meduse nella sua area di pesca. Secondo i ricercatori, è assurdo che una specie di queste dimensioni e che forma rapidamente migliaia di individui sia potuta rimanere inosservata fino a oggi in Adriatico, uno dei mari più studiati al mondo. È invece ipotizzabile che la Pelagia benovici sia improvvisamente arrivata da altre aree geografiche, magari trasportata nelle acque di zavorra delle navi. Ancora non è dato sapere se la nuova specie, la cui esistenza è stata accertata nei golfi di Venezia e di Trieste, si stabilirà nelle nostre acque o se la sua presenza sarà solo passeggera: «Le meduse fioriscono e spariscono» spiega la professoressa Mazzoldi «dipende da molti fattori, anche dai venti. Di questa specie ci sono stati molti avvistamenti, sia al largo che vicino alle coste, nei mesi scorsi. Ora sembrano scomparse, ma questo è normale». Le meduse Pelagia benovici sono state osservate in tutto l’alto Adriatico da settembre 2013 ad aprile 2014, e diversi aspetti di questa specie rimangono ancora da studiare, per esempio il loro ciclo vitale o se si tratti di una specie urticante: «La specie più vicina, che è la diffusissima Pelagia noctiluca, è urticante» continua Mazzoldi «quindi presumibilmente lo sono anche queste. Sicuramente la loro pericolosità non è mortale».
Silvia Quaranta
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