Gli Usa restano senza uova, fioccano richieste agli avicoltori veneti: ecco cosa sta succedendo
L’allevatore Michele Barbetta: «Non siamo in grado di fornirle, anche noi abbiamo subìto una carenza di produzione a causa dell’epidemia aviaria: le perdite sono pari al 10 per cento»

Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una grave carenza di uova e si rivolgono all'Italia, in particolare al Veneto, per trovare una soluzione.
L'ultima epidemia di influenza aviaria ha portato all’abbattimento di circa 20 milioni di galline ovaiole nel solo ultimo trimestre del 2024, causando un drastico calo nella produzione e facendo impennare i prezzi: a marzo una dozzina di uova ha raggiunto il costo di 8 dollari.
Sos uova
«Gli americani sono grandi consumatori di uova e, di conseguenza, la carenza di prodotto li porta a cercarlo in altri Paesi – spiega Michele Barbetta, allevatore di Carceri e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto –. Sono arrivate molte richieste agli imprenditori agricoli veneti, da Verona a Padova, ma pure noi siamo al limite con la produzione e non possiamo garantire un approvvigionamento. L’epidemia aviaria è stata pesante anche in Italia, anche se non ai livelli degli Stati Uniti. Dall’autunno sono state abbattute 4 milioni di galline ovaiole su 41 milioni, concentrate principalmente negli allevamenti in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, pari al 10 per cento. E questo significa che abbiamo perso la stessa percentuale di uova: 1,4 miliardi su 14 miliardi. Quello che rimane è quasi tutto destinato al consumo nazionale. Ovviamente, data la mancanza di prodotto, il prezzo continua a salire anche in Italia, anche se non ai livelli degli Usa. Gli altri Paesi europei non stanno meglio, dato che l’aviaria ha colpito ovunque».
Il consumo
In media, ogni italiano consuma circa 219 uova all'anno tra prodotto fresco e alimenti trasformati. In Veneto, il settore avicolo è una punta di diamante della produzione nazionale, con una media annua di 2 miliardi di uova.
La regione conta oltre 250 allevamenti di galline ovaiole con più di 250 capi. «Non sarà facile tornare ai livelli di produzione precedenti – chiarisce Barbetta –. L’ultima epidemia ha causato 56 focolai nel Nord Italia, di cui 17 riguardanti galline ovaiole. Le aziende stanno ripartendo, ma la produzione avicola ha una programmazione lunga: non c’è molta disponibilità di pulcini, dato che l’aviaria ha colpito anche questa filiera, e comunque per passare dal pulcino alla produzione di uova servono sei mesi. E, se in autunno ripartirà l’epidemia, saremo punto e a capo».
I focali di aviaria
Negli ultimi 45 giorni non si sono registrati nuovi focolai di influenza aviaria, ma il settore sta già lavorando a soluzioni preventive per evitare ulteriori crisi.
«L’Istituto zooprofilattico delle Venezie ha riunito tre giorni fa tutta la filiera italiana dell’avicolo e le organizzazioni agricole presentando uno studio sulla vaccinazione degli animali – riferisce Barbetta –. Per ora farà partire una sperimentazione su 5.000 tacchini, ma sulle galline ovaiole la situazione è più complessa, soprattutto negli stabilimenti con centinaia di migliaia di volatili».
Sul fronte dei risarcimenti, gli allevatori sono ancora in attesa di ristori per le epizoozie più recenti: «Ad oggi abbiamo ricevuto quelli per l’epidemia aviaria del 2021, ma non abbiamo ancora notizie di quelli dovuti per i danni diretti e indiretti delle epizoozie successive».
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