Centri per uomini violenti, in Veneto liste d’attesa fino a un anno per cominciare il percorso

Nella nostra regione ci sono 10 strutture, i corsi costano anche 1.900 euro, a carico del frequentante. «La richiesta è alta, ma c’è un problema di sovraccarico. Bisogna risolvere la situazione»

Laura Berlinghieri

Uomini che aggrediscono, maltrattano, violentano le donne. E che, per questo, vengono instradati dal giudice in un percorso di rieducazione, in uno dei dieci centri Cuav del Veneto per uomini maltrattanti. Dove però i tempi di attesa, per essere ammessi, possono essere di diversi mesi, persino fino a un anno.

È un paradosso tutto italiano, e del quale i responsabili di queste strutture hanno parlato proprio ieri, nel corso di una riunione online che ha coinvolto i referenti di vari centri.

Perché la violenza di genere è la grande piaga del nostro presente, anche in Veneto.

Sono 2.187 le donne che, nel 2023, hanno intrapreso un percorso di uscita dalla violenza, in aggiunta alle 1.441 che già erano seguite dai centri.

E 1.057 le chiamate, nel corso dello stesso anno, al numero unico contro la violenza e lo stalking.

Perché si parla di prevenzione e di rieducazione. E fioriscono le iniziative, si susseguono le campagne di sensibilizzazione. Ma poi, proprio lì dove bisognerebbe agire con concretezza, c’è il vulnus: prima che un uomo violento, condannato da un giudice per un reato che ricade nel Codice Rosso, possa intraprendere un percorso di rieducazione può essere necessario attendere fino a un anno. Perché la domanda è tanta, e l’offerta, a livello di personale, insufficiente.

Non bastasse, si aggiunga che il costo per affrontare simili percorsi può arrivare a migliaia di euro, completamente a carico dell’uomo violento.

Perché, recita l’articolo 6 della legge 69/2019 sulla violenza domestica e di genere, dall'attuazione di queste disposizioni «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Ma, in situazioni di fragilità spesso anche di tipo economico, non c’è soluzione. Se non quella, per l’uomo violento, di non partecipare a questi corsi, soprattutto quando la loro frequenza sostanzia una condizione per la sospensione condizionale della pena.

Anche per questo, a livello nazionale, si sta ragionando sull’opportunità di istituire un fondo, al quale possano attingere gli uomini violenti con redditi particolarmente bassi. Ma è una discussione tutta in divenire.

E, allora, ecco la realtà di oggi. Centro educativo relazioni affettive di San Donà (Venezia): due corsi al mese, un costo di 80 euro a incontro e le prime disponibilità tra settembre e ottobre.

Servizio Uomini Maltrattanti di Padova, percorsi di gruppo o individuali una volta a settimana, da ottobre-novembre 2025, e un costo complessivo di 1600 euro. E poi il caso limite: il Gruppo responsabilità uomini di Marghera, tempo per il quale il costo è 1946 euro e il tempo di attesa di un anno.

L’ulteriore paradosso? La norma nazionale, prescrive un obbligo di frequenza bisettimanale. Eppure, ci sono strutture che non riescono a garantire più di due incontri al mese.

«Da un lato c’è un problema di sovraccarico degli enti, che è sintomo della necessità che i corsi vengano avviati con maggiore frequenza, perché la richiesta è elevata.

Dall’altro, c'è la questione dei costi: chi ha la possibilità economica, si trova a poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, mentre chi non è in grado di sostenere la spesa si trova a dover prendere altre strade» fa presente l’avvocato Lisa Colonna, di Mestre, «È vero che la sospensione condizionale della pena è un beneficio che viene concesso al condannato, ma di fatto ad oggi il discrimine è la capacità economica. Bisogna anche tenere conto che, se un condannato avvia il percorso, e poi, per qualsiasi motivo, si trova nell'impossibilità di far fronte alle rate, questo avrà esito negativo e pertanto la sospensione condizionale potrà essere revocata».

Eppure, il lavoro di questi centri è fondamentale, per innescare il cambiamento negli uomini. Tanto quanto lo è il servizio delle case rifugio e delle strutture che sostengono le donne vittime delle aggressioni.

I centri regionali per uomini violenti gestiscono colloqui individuali e incontri di gruppo, che si basano sul meccanismo del confronto tra persone che hanno compiuto gli stessi reati.

Normalmente, sono percorsi che si compongono di una decina di colloqui individuali e di una ventina di incontri terapeutici di gruppo. Ma la tipologia ovviamente varia da persona a persona. «Il nostro compito è quello di creare delle barriere efficaci contro la recidiva – spiegano dall’associazione Don Giuseppe Girelli, che gestisce l’omonimo centro a Ronco dell'Adige (Verona) – C’è chi si presenta da noi dicendosi assolutamente colpevole, ed evidentemente è già cambiato. Ma c’è anche chi, all’inizio, nega la propria responsabilità, per poi ammetterla, verso la fine del percorso.

E infine c’è chi rifiuta qualsiasi coinvolgimento: solitamente sono i responsabili dei reati sessuali più gravi. Finiscono gli ultimi anni in galera, negando ogni responsabilità, per l’intero percorso. Irraggiungibili, sempre». Il male della violenza di genere. Da affrontare, ma con calma.

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