Marzo mite in Veneto: fioriture anticipate, ma l’agricoltura teme le gelate
Dai Colli Euganei alla Valpolicella, la primavera sembra già arrivata: gemme di mandorli e peschi le prime a sbocciare

Già da qualche giorno i “turisti della fioritura” hanno preso d’assalto i Colli Euganei: anche se alla primavera mancano ancora una decina di giorni, sul monte Fasolo i mandorli in grande spolvero attirano frotte di ammiratori, e lo stesso accade nel resto del Veneto, dalla Valpolicella, ai Berici, alle Colline del Prosecco. A causa delle alte temperature infatti la fioritura di quasi tutte le coltivazioni quest’anno – come e più degli anni scorsi - è in anticipo di una ventina di giorni sulle serie storiche, ma questo – a parte i risvolti ameni per gli escursionisti – rischia di pregiudicare i raccolti: la stagione ancora arretrata può infatti comportare delle gelate tardive, che attaccando le gemme e i fiori appena sbocciati, impediscono la formazione dei frutti e quindi compromettono la stagione. Il pericolo è ancora più serio nelle annate umide come l’attuale, perché il gelo che eventualmente colpisce le gemme o i fiori impregnati di acqua, facendone crescere il volume causa danni maggiori (anche a livello cellulare) che non alle gemme asciutte.
Il mondo agricolo naturalmente vive momenti di apprensione, che trovano conferma in quanto accaduto negli ultimi anni. «Ora sono fioriti i mandorli e stanno partendo i peschi – dice l’agronomo della Coldiretti Paolo Minella – e a giorni sbocceranno anche i fiori di albicocchi, susine e ciliege: per tutte queste varietà il rischio di congelamento a causa dell’abbassamento della temperatura durante la notte è elevato, e per qualche coltivazione in questi casi si arriva anche al 70-80% di danno».
«È già accaduto anche nel 2021 – ricorda Renzo Rossetto, dell'Osservatorio Economico Agroalimentare di Veneto Agricoltura – e soprattutto nel 2023, quando una gelata il 20 aprile ha gravemente danneggiato le coltivazioni di pere e di kiwi, i quali fioriscono più tardi ma erano in forte anticipo, e oltretutto erano già stati colpiti dalla Psa».
I dati delle produzioni del 2023 di Veneto Agricoltura rispetto al 2022 (ultimi disponibili) sembrano un bollettino di guerra anche per piselli (raccolto praticamente azzerato, escluso nel Trevigiano), fagioli, radicchio, zucchine e per la frutta di ogni tipo, calata in genere più del 15% un po’ ovunque con punte del 44% in media in Polesine.
Un po’ meno preoccupante, al momento, la situazione dei vigneti, come spiega Marco Lucchetta, collaboratore di ricerca del Crea di Conegliano, il Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia. «Anche per la vite la stagione è in anticipo da un po’ di anni, ma al momento non ci sono ancora segnali di germogliamento, che lo scorso anno si è verificato alla fine di questo mese. Il momento delicato sarà nelle settimane successive, quando le gelate tardive potrebbero colpire duramente, come avvenne attorno al 20 aprile del 2017, quando la temperatura si abbassò bruscamente in gran parte dell’Italia ma anche in Francia e Spagna, danneggiando sensibilmente la stagione vinicola. Nel Nordest i vigneti più colpiti furono quelli delle aree centro-orientali, della bassa Valpolicella e del Soave, ma anche le zone del Prosecco, il Collio e i Colli orientali del Friuli».
Paradossalmente non si registrarono danni – grazie alla ritardata fioritura - nelle zone più alte e nelle colline del Veronese e del Vicentino. C’è da dire che la vite reagisce diversamente – spiegano i fitopatologi - a seconda che siano colpite le gemme fiorali o quelle vegetali. Nel primo caso, anche se viene ridotto l’apporto fotosintetico, la pianta non è compromessa, e dopo alcune settimane dalla gelata può rimettersi in moto, creando nuove gemme, che formano nuovi grappoli, più piccoli di quelli danneggiati.
«Ma se il gelo colpisce queste infiorescenze non c’è più niente da fare», chiosa Lucchetta. «Per difendere frutteti e vigneti – spiega Paolo Minella - gli agricoltori da sempre in vista degli abbassamenti delle temperature accendono delle torce tra i filari, dato che in genere basta alzare la temperatura di un grado o due per salvare il raccolto. Si stanno imponendo naturalmente anche tecniche più avanzate, con gli impianti antibrina che nelle ore notturne nebulizzano l’acqua che si ferma sulle piante e formando uno strato sottile di ghiaccio libera calore e impedisce il congelamento interno alla gemma. E poi naturalmente c’è il ricorso alle assicurazioni, che però è sempre più costoso, anche se c’è un piccolo sostegno statale». Infine c’è un problema che riguarda le semine: i terreni attualmente sono ancora troppo imbevuti d’acqua, per cui i trattori non possono accedervi per seminare le barbabietole da zucchero, e il ritardo può danneggiare la coltura nelle settimane e nei mesi successivi. —
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