Elezioni regionali, Lega pronta alla corsa in solitaria con sette liste
Zaia si è convinto a schierare la formazione che porta il suo nome. A breve l’annuncio. Stefani & C. decisi a rompere l’alleanza se FdI chiederà la presidenza veneta
Sette liste a sostegno di un candidato: quella con il nome dell’ex presidente Luca Zaia, la Liga Veneta, Azione, l’Udc, i venetisti e due liste di amministratori, magari con l’insegna “Noi Veneto”, retaggio della scuola politica. Niente Forza Italia; soprattutto, niente Fratelli d’Italia.
È questo il patrimonio elettorale che il Carroccio porterà sul tavolo di Giorgia Meloni, il giorno della rivendicazione. Qualche centinaia di nomi, per suffragare le teoria che i leghisti vanno ripetendo da mesi: in Veneto non ce n’è per nessuno. E allora tentare l’all in: «O appoggiate un nostro candidato, oppure noi siamo pronti allo strappo». In Veneto; ma, evidentemente, pure a Roma.
Il segretario regionale del partito Alberto Stefani sta lavorando alla squadra da un paio di mesi, con un’agenda fitta di appuntamenti. A ogni incontro ripete: «Siete d’accordo sulla corsa in solitaria?», e finora ha incassato solo «Sì».
Il vecchio gruppo di consiglieri e assessori regionali sarà schierato praticamente al completo – o, almeno, via libera a coloro che vorranno ricandidarsi. Ci sarà la lista Zaia: ufficialmente, l’attuale presidente – eletto nel 2020 con la lista Liga Veneta per Salvini Premier – non ha ancora sciolto le riserve, ma potrebbe essere questione di pochissimo.
Ci sarà la lista Liga Veneta; mentre, ammesso che ancora esisterà, potrebbe non esserci quella per Salvini Premier. E poi Azione di Carlo Calenda e Carlo Pasqualetto; l’Udc di Antonio De Poli. E, soprattutto, le due liste civiche: sindaci, amministratori comunali – a decine – vero orgoglio della Lega che vuole tornare a essere sindacato del territorio. Anche qualche nome più vicino al centrosinistra. Magari, pure qualche “fratello”, che nel frattempo potrebbe decidere di passare dall’altra parte.
E allora Meloni dovrà scegliere. Se perseverare sulla linea inaugurata all’inizio di quest’anno – «In Veneto, penso che Fratelli d’Italia debba essere tenuto in considerazione» le parole della premier in conferenza stampa – oppure scendere a patti, per salvare il governo.
Che poi è l’ipotesi che più piacerebbe a Matteo Salvini, al quale i lighisti stessi imputano una eccessiva ignavia, di fronte agli affari regionali. L’avrebbe dimostrata soprattutto nella “battaglia” per il terzo mandato, mai sostenuta con particolare convinzione. E del resto – tra treni che non partono in orario e la porta dell’Interno sbattuta in faccia – il segretario è già impegnato con i suoi, di problemi.
E comunque, al famoso tavolo di centrodestra, la Lega rimarcherà agli alleati che fa sul serio. Che la coerenza nel ribadire la necessità di mantenere l’amministrazione in Regione val bene pure la messa in discussione del governo.
Che la presidenza del Veneto «è la linea del Piave» per la Lega, per dirla con le parole di Alberto Villanova, capogruppo in Consiglio regionale. Outsider della corsa alla presidenza di Regione, ma sai mai...
Gli altri che se la giocano? I soliti noti. E quindi Alberto Stefani, che ha la gestione delle trattative. Può contare sulla fiducia del direttivo regionale, che comunque sarà chiamato semplicemente a ratificare la decisione.
C’è poi il sindaco di Treviso Mario Conte, che negli ultimi giorni sarebbe stato tirato per la giacchetta da colleghi amministratori dai diversi credi politici. Elisa De Berti: numero due di Zaia in Regione e “donna delle infrastrutture”, vale a dire uno dei pilastri sui quali si fonda il Veneto.
Ma i nomi vengono dopo, per un partito che sa di non poter perdere questa partita. Perché equivarrebbe a perdere la faccia. Perdersi, nella tempesta del centrodestra.
E Giorgia Meloni? È l’incognita. Da testare la sua voglia di ingaggiare un braccio di ferro con la Lega. Uno scontro che potrebbe segnare la fine della compagine di centrodestra. Ma che, se invece la premier saprà giocarsi bene le sue carte, potrebbe garantirle in un colpo solo la liquidazione degli alleati più scomodi e la conquista di una delle Regioni più ambite.
Il partito che non può permettersi di traccheggiare, ma nemmeno poi di perdere, è senz’altro la Lega. Intanto al voto in Veneto, e poi in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige: è l’asse dei governatori della Lega, tutti contro il limite dei mandati per i presidenti di Regione e tutti alla ricerca della sponda salviniana. Ma ormai quella partita pare conclusa e anche per Zaia è il momento di gettare il cuore oltre l’ostacolo. E di annunciarlo ai suoi elettori.
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