Candidato presidente del Veneto, FdI alla Lega: «Restiamo uniti»

I meloniani ricordano gli ultimi risultati elettorali: «Abbiamo il 37%». Il Carroccio replica: «Siamo pronti a qualsiasi scenario»

Annalisa Girardi
Lucas Pavanetto
Lucas Pavanetto

La Lega può pestare i piedi quanto vuole, ma l’accordo sul candidato presidente alle prossime elezioni regionali si farà a Roma, come si è sempre fatto.

E decideranno i leader nazionali, tenendo conto di equilibri – locali, ma anche ben più ampi – che sono cambiati.

È questo, in sostanza, il ragionamento che viene fatto tra le fila di Fratelli d’Italia, dopo l’avvertimento del Carroccio, pronto a correre da solo se l’alleato dovesse fare la voce grossa e imporre un nome.

«La nostra posizione è sempre la stessa. È naturale che i partiti mettano sul piatto i propri candidati, ma poi si deciderà a livello nazionale, perché è una questione che non riguarda solo il Veneto», dice il capogruppo meloniano in Consiglio regionale, Lucas Pavanetto.

«Anche il passaggio da Galan a Zaia è avvenuto in questo modo, non stiamo dicendo niente di nuovo», sottolinea.

Per poi ribadire il peso del suo partito in questo scacchiere: «Per due elezioni consecutive Fratelli d’Italia ha preso circa il 37 per cento dei voti. Se si esclude la ricandidatura di Zaia – perché al momento il blocco ai mandati rimane – è chiaro che il candidato spetterebbe a noi. Io sono dell’idea che tutti debbano contribuire alla rosa di nomi da proporre, poi si deciderà quello migliore. La Lega continua a parlare di un suo candidato, sempre riferendosi a Zaia. Il Veneto non è una riserva indiana. Noi poniamo una questione diversa, cioè di trovarne uno che vada bene a tutti».

Nessun braccio di ferro o operazione di forza, assicura Pavanetto: «Non vogliamo imporre nulla in modo arrogante, diciamo solo di guardare anche al risultato elettorale. Perché le aspettative dell’elettorato sono importanti».

Per il consigliere meloniano il monito della Liga non tiene conto della realtà dei fatti: «Sono stupidaggini, noi oggi abbiamo un governo nazionale di centrodestra che lavora bene. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sono la maggioranza, spaccarla sarebbe assurdo. Pagheremmo tutti ad andare divisi. E i cittadini, giustamente, non lo capirebbero».

E non si dica che a Fratelli d’Italia manchi una classe dirigente e che per questo non abbia chances di esprimere il nome (potenzialmente) vincente.

«Siamo un partito sempre più consolidato sul territorio, non è vero che non abbiamo una classe dirigente pronta. C’è una valanga di giovani amministratori che fa politica da quando aveva 16 anni, come il sottoscritto», dice Tommaso Razzolini, anche lui consigliere di Fratelli d’Italia a Palazzo Ferro Fini, classe 1990.

«Abbiamo tante persone valide e capaci. Sicuramente un partito consolidato nel territorio da oltre 25 anni ha radici più profonde, ma noi siamo un partito giovane che in pochissimo tempo ha costruito una presenza importante. E siamo sempre stati coerenti e leali con gli alleati. Quindi non vedo perché fare tutti questi battibecchi adesso. Rischiamo che sia la volta buona che lasciamo la Regione al centrosinistra», aggiunge.

Per poi lanciare un appello: «Auspico che tutti rimangano sereni e tranquilli. Il centrodestra è unito, dobbiamo andare avanti compatti in ogni tornata elettorale. È così che portiamo a casa i risultati. Dobbiamo abbassare tutti i toni, farci la guerra tra di noi non ha senso. Anche perché lo sappiamo che alla fine si deciderà a livello nazionale».

Pure lui, concludendo, precisa: «Anche Zaia è diventato presidente dopo che c’è stato l’accordo con Berlusconi, che ha lasciato il Veneto alla Lega. È la normale prassi di come si gestiscono le cose. Ed è anche quello che vogliono i veneti: concretezza».

Ma il Carroccio non ha intenzione di farsi trovare impreparato: «Noi siamo pronti. Il Veneto ha ancora bisogno di Lega, come ancora c’è bisogno di andare avanti con l’Autonomia. Non abbiamo paura di nessuno scenario. La Lega ci sarà, e ci sarà con un ruolo di primo piano», mette in chiaro il capogruppo leghista al Ferro Fini, Alberto Villanova.

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