Venezia, gli otto imputati non si presentano in aula

VENEZIA. Il presidente del Tribunale Stefano Manduzio, su richiesta degli stessi avvocati della difesa che evidentemente non credono un granché alle loro eccezioni preliminari, ha già fissato ben tredici udienze del processo iniziato ieri nei confronti degli unici otto imputati che hanno scelto il processo in aula per non patteggiare la pena come gli altri trenta. Da quella prossima, il 19 maggio, a quella del 15 dicembre, ma il processo presumibilmente andrà avanti anche nei primi mesi del 2017. L’udienza di ieri è stata dedicata alle eccezioni preliminari, soprattutto quelle avanzate dai difensori dell’ex ministro di Berlusconi e attuale senatore di Forza Italia Altero Matteoli, gli avvocati Francesco Compagna e Gabriele Civello. Ma è stata anche la giornata delle parti civili: si sono costituite in otto, comprese quelle che il giudice dell’udienza preliminare aveva escluso: la presidente del Consiglio con l’avvocatura dello Stato, la Regione con l’avvocato Dario Bolognesi, la Città Metropolitana con l’avvocato Roberto Chiaia, il Comune di Venezia con l’avvocato Luigi Ravagnan, i consumatori del Codacons con l’avvocato Marco Locas, il Consorzio Venezia Nuova con gli avvocati Filippo Sgubbi e Paola Bosio, Italia Nostra, Wwf e Ambiente Venezia con l’avvocato Elio Zaffalon, l’avvocato Mario D’Elia in qualità di candidato sindaco concorrente di Giorgio Orsoni nelle elezioni del 2010 con l’avvocato Michele Maturi. Il quale ha chiamato a rispondere in qualità di responsabile civile il Pd, partito per il quale Orsoni si era candidato e che, secondo Il legale, avrebbe dovuto controllare quale tipo di finanziamenti per la campagna elettorale erano stati avviati e, invece, lo avrebbe omesso.
Gli avvocati Compagna e Civello hanno sostenuto che competente a giudicare Matteoli sono i giudici di Roma, in particolare il Tribunale dei ministri della capitale, dove sarebbero avvenute - stando alle accuse - sia la promessa sia la consegna del denaro all’ex ministro. Inoltre, hanno sostenuto la poca chiarezza del capo d’imputazione, basato sulle «strampalate dichiarazioni di Mazzacurati». Ha risposto loro il pubblico ministero Stefano Ancilotto, presente in udienza assieme al procuratore aggiunto Carlo Nordio e all’altro pm Stefano Buccini. Il rappresentante della Procura ha spiegato che nelle ipotesi d’accusa l’utilità per Matteoli è venuta dal coinvolgimento della ditta dell’amico imprenditore Erasmo Cinque nei lavori per le bonifiche di Porto Marghera, che hanno portato nelle casse della società romana ben 48 milioni. In cambio Matteoli sarebbe stato asservito ai poteri forti (Mazzacurati) facendo in modo che il Consorzio Vene fosse concessionario unico anche nei lavori per le bonifiche a Marghera, attività che nulla aveva a che fare con la salvaguardia della laguna e di Veenzia e che, invece, avrebbero dovuto essere messi a gara pubblica. Inoltre, avrebbe agevolato Mazzacurati nominando a presidente del Magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta, in modo che «i controllori di fatto erano nominati dai controllati».
Giorgio Cecchetti
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