Venezia, preside morì di Covid a 59 anni. L’Inail: «È infortunio sul lavoro»

VENEZIA. Davide Frisoli, il dirigente scolastico deceduto i primi giorni di aprile all’Ospedale dell’Angelo di Mestre a causa del Covid 19, è stato vittima di un infortunio sul lavoro. A riconoscere, in soli due mesi, la morte per Covid come morte sul lavoro, con tutte le conseguenze in termini economici per gli eredi, è stata l’Inail di Venezia che lo scorso 8 settembre aveva già fatto sapere che la pratica attivata dall’Inca Cgil lagunare era stata accettata.
Una soddisfazione che non toglie il dolore di una perdita drammatica con cui i congiunti dovranno fare i conti per molto tempo ma che comunque garantirà loro di non dovere affrontare la perdita con l’aggiunta dell’angoscia di un impoverimento concreto che rende più spigolose e difficili tutte le incombenze di chi deve fare i conti con una perdita inaspettata.
Il 59 enne dirigente scolastico del Benedetti-Tommaseo e del Bruno-Franchetti non aveva patologie, non era anziano e, a parte una moderata passione per il fumo che lo accompagnava da decenni, era un uomo in piena salute.
«Dopo lo shock iniziale, la famiglia ha scelto di affidarci l’incarico di attivare una pratica per infortunio mortale sul lavoro solo nel luglio scorso», spiega Angelica Alfano, responsabile dei danni da lavoro per il patronato Inca Cgil di Venezia. «Grazie alla pazienza e alla costanza della famiglia siamo riusciti a ricostruire tutti gli spostamenti di Davide Frisoli nei giorni che hanno preceduto e seguito il suo contagio, giorni difficili in cui la scuola subiva pesanti ripercussioni nella sua organizzazione a causa dell’emergenza sanitaria e in cui Frisoli era in piena attività. Un elemento importantissimo per dimostrare che l’infortunio mortale è stato causato proprio dall’attività professionale della vittima, in quei giorni costantemente presente nei suoi istituti per gestire l'emergenza». Già a settembre l’Inail aveva riconosciuto l’infortunio sul lavoro prevedendo l’erogazione di un assegno funerario e una rendita mensile che si calcola su di un massimale suddiviso per 12 mensilità di cui il 50% andrà alla moglie e il resto, in misura uguale, ai due figli.
«Si tratta di un caso estremamente doloroso, come lo sono tutte le morti sul lavoro, ciascuna con le sue specificità», conclude Alfano, «ma anche emblematico delle tutele che l’Inail offre a tutt’oggi a chi viene colpito da infortunio sul lavoro, Covid 19 compreso. Tutele significative anche in caso di malattia e che prevedono diarie per il ricovero e assegni una tantum che per gli infermieri arrivano a 6 mila euro per il danno biologico. Accedere alle coperture dell’Inail non solo è possibile, ma auspicabile, e i lavoratori stanno finalmente scoprendo anche questo strumento: solo negli ultimi tre giorni del 2020, tra il 29 e il 31 dicembre scorso abbiamo attivato ben 30 diverse pratiche dai nostri uffici e i numeri sono in costante crescita».
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