Verso le politiche. Ecco la sfida tutta interna al centrodestra in Veneto
Le correnti contrastanti della Lega, Fdi in grande ascesa e Forza Italia con Tosi: le dinamiche della coalizione egemone
VENEZIA. Quattro tocchi di campana. Le pulsioni contrastanti nella Lega, le ambizioni plateali di Fratelli d’Italia, l’ultima trincea del partito berlusconiano, il centrismo irriducibile dei Moderati. Sorrisi e veleni nel centrodestra, favorito dai sondaggi su scala nazionale e avviato – salvo scosse sismiche nell’urna – a mietere un agevole successo nella roccaforte veneta.
Eppure, a dispetto dell’ampio consenso accreditato, la stessa, affannata, presentazione delle liste plurinominali nell’ultima finestra utile, testimonia le convulsioni di una vigilia scandita da intrighi, esclusioni e colpi di scena. È il caso dello schieramento leghista, che nel proporzionale conferma l’egemonia salviniana sancita dalle candidature nei collegi maggioritari salvo concedere una sorta di diritto di tribuna ai seguaci trevigiani di Luca Zaia, dal commissario provinciale Gianangelo Bof al deputato uscente Giuseppe Paolin.
L’effetto congiunto della riduzione dei seggi in palio e del previsto calo di consensi ha impedito sul nascere la ricandidatura in blocco degli uscenti (ben 32), privilegiati comunque in fase di selezione con la vistosa (e controversa) eccezione dell’europarlamentare Mara Bizzotto che affianca Paolo Tosato nell’uninominale. I front runner? Scontata la corsia preferenziale ai big – la ministra Erika Stefani, il vicesegretario federale Lorenzo Fontana, la trimurti padovana composta da Alberto Stefani, Massimo Bitonci e Andrea Ostellari – spazio ai giovani Ingrid Bisa ed Erik Pretto, alla esperta Arianna Lazzarini, al biologo marino Lorenzo Viviani (gradito alle associazioni dei pescatori), all’emergente veronese Lara Fadini. Corsa in salita, invece, per Angela Colmellere, apprezzata parlamentare della Marca e consorte dell’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. L’obiettivo? Contenere l’emorragia di voti salvaguardando i fortini tradizionali.
Chi pregusta il colpaccio è la destra meloniana capitanata da Luca De Carlo e Adolfo Urso. Che schiera capolista il magistrato in quiescenza Carlo Nordio, scommette su Elisabetta Gardini e spiana la strada a Ciro Maschio, Maria Cristina Caretta, Gabriele Zanon. Né manca un tributo al passato “nero” del partito, con l’ospitalità garantita ad Isabella Rauti, figlia del camerata Pino, già segretario del Msi e fondatore del centro studi Ordine Nuovo. Fdi non cela le ambizioni di sorpasso nordista sull’alleato-rivale e già rivendica maggiore peso sul ponte di comando della Regione. Ben diverso il clima in Forza Italia, reduce da strappi dolorosi. All’abbandono del ministro Renato Brunetta – tra i padri fondatori del movimento azzurro – è seguita la scomparsa di Niccolò Ghedini, quindi il “dirottamento” in Basilicata della patavina Elisabetta Casellati, la presidente di Palazzo Madama.
Ulteriori defezioni – tra tutte quella del deputato feltrino Dario Bond – hanno spinto infine i dirigenti a blindare Anna Maria Bernini e a fare quadrato intorno ai veterani Piergiorgio Cortellazzo, Gregorio Fontana (il capo dell’organizzazione romana paracadutato nella città del Santo con buone chances di rielezione) nonché Roberta Toffanin e Pierantonio Zanettin, destinati a contendersi un seggio al Senato; accanto a loro, l’evergreen Flavio Tosi pronosticato vincente a Verona («Ringrazio il presidente Berlusconi, la priorità di governo è il taglio delle bollette a famiglie e imprese») e l’assessore vicentino Marco Zocca. È tutto? Non proprio. Perché una pennellata centrista al ventaglio delle destre arriva da Noi Moderati, il cartello che include volpi di lungo corso quali Andrea Causin e Antonio De Poli. A quest’ultimo – stranamente defilato in Veneto – è stato assicurato un collegio sicuro nelle Marche: «Con noi il centrodestra farà la differenza», annuncia. Come dubitarne?
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