Vini no alcol, i produttori veneti: «Un’opportunità»

Le reazioni del mondo vinicolo, dalle cantine al consorzio. Si aprono nuove prospettive di mercato e consumo: «Ma non stravolgiamo la nostra autenticità e il gusto»

Annalisa Girardi
Enologia, le nuove tendenze
Enologia, le nuove tendenze

«Quella del vino dealcolato è una bella opportunità», dice l’assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner. «C’è la possibilità di aprirsi a nuovi Paesi e poi anche il nostro mercato sta cambiando, c’è una grande domanda di vini con gradazione inferiore».

Un’opportunità, insomma, ma anche una risposta a sensibilità che evolvono. «C’è già chi sta facendo degli spumanti senza alcol per i mercati dei Paesi musulmani. Ma sono anche quelli tradizionali a chiedere una gradazione minore», aggiunge l’assessore, assicurando che le produzioni tipiche resteranno tutelate e che non subiranno la novità. Anzi, loro stesse potrebbero studiare questa strada in futuro: «Potrebbe convenire agli stessi consorzi».

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Vino dealcolato

Tanti produttori hanno un’opinione simile. «Ciascuno di noi farà le proprie valutazioni per affrontare un mercato potenzialmente molto interessante, che solo negli USA vale 2,5 miliardi di euro all’anno e cresce in doppia cifra», sottolinea Filippo Polegato, amministratore delegato di Astoria Wines. Per poi aggiungere: «Non lo vedo come una minaccia ai vini tradizionali, quanto come un’opportunità di intercettare nuovi consumatori. Dobbiamo essere soddisfatti perché è stato colmato un vuoto normativo che penalizzava i produttori italiani rispetto alla concorrenza francese, spagnola e tedesca in particolare. Oggi finalmente anche le nostre aziende sono nella condizione di affrontare i nuovi mercati e cogliere queste opportunità».

Sì, perché la produzione di vini dealcolati è già realtà in altri Paesi europei e non restare indietro è fondamentale. Soprattutto in mercati che, al netto della tradizione, cambiano velocemente.

«Il mondo del vino è in continua evoluzione. Le nuove tecnologie hanno permesso di perlustrare nuovi campi e accogliere una domanda più sensibile a soluzioni salutari», spiega Gianluca Bisol, alla guida della cantina Bisol 1542 di Valdobbiadene. «Quindi ritengo che questa opportunità di dealcolare il vino non vada esclusa a priori. Sappiamo che il vino senza l’alcol perde una delle sue gambe principali, ma è giusto esplorare le opportunità. C’è certamente un mercato interessante, notoriamente no alcol, ma anche in quelli maturi oggi c’è una sensibilità maggiore ad alimentarsi nel modo più sano possibile», aggiunge.

Certo, c’è anche chi è un po’ più esitante. «Sono un po’ incerto, sembra un mercato potenziale però è ancora tutto da vedere. C’è sicuramente la possibilità di prendere qualche spazio in più in alcuni Paesi, ma anche sul territorio nazionale. Però è presto per fare pronostici. Il testo è stato appena approvato, bisogna capire quello che dice. Una possibilità di sviluppo comunque è sempre da esplorare», commenta Armando Serena, amministratore delegato della Cantina Montelvini di Asolo.

Infine, per Franco Adami, presidente del Consorzio di tutela del Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Docg, c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza: «L’alcol è una componente fondamentale del vino, la fermentazione è essenziale per il prodotto. Quindi il vino è una cosa, quello dealcolato invece è qualcosa di diverso. Non so se si potrà chiamare sempre vino. Al di là di questo, sicuramente siamo davanti a una nuova opportunità di mercato. Non saranno vini con la stessa forza, mancando l’alcol dubito che possano avere la stessa intensità: ma magari ne si potrà bere un bicchiere in più. Bisogna studiare questa opportunità, anche se non si tratterà certamente di vini Doc o Docg, perché questi hanno regole di produzione precise. Il punto sarà sempre quello di non stravolgere la propria autenticità, il proprio gusto. Ma se parliamo di adattarlo un pochino al consumo e alle richieste della domanda, allora questa strada potrebbe essere positiva».

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