Viola ai politici: «Diteci cosa farete in autunno contro il Covid»
Il rapporto tra scienza e politica è complesso e va maneggiato con estrema cura. Non perché sia esso stesso fragile, anzi; ma perché da esso dipende la fiducia dei cittadini nella scienza. E quella sì è tanto preziosa quanto fragile.
La nostra società sta affrontando da anni un’emergenza sanitaria gravissima, che ha mostrato con forza quanto sia importante che i cittadini si affidino alla scienza e alle sue indicazioni. E, allo stesso tempo, stiamo assistendo ad una catastrofe ambientale dovuta al fatto che per troppi anni la politica non ha preso sul serio l’allarme degli scienziati.
Se quindi da un lato è necessario e utile che politica e scienza si parlino e lavorino insieme, dall’altro è fondamentale che i cittadini possano distinguere bene tra scienziati e politici. E questo non per demonizzare i politici ma, semplicemente, perché gli scienziati dovrebbero essere guidati nella loro vita pubblica da rigore scientifico (devono basare le proprie affermazioni sui dati e su posizioni largamente condivise dalla comunità scientifica che rappresentano), imparzialità e assenza di conflitti d’interesse (i cittadini devono poter essere sicuri che quello che uno scienziato dice è per il bene della collettività e non per tornaconto personale), visione a lungo termine. Tutte caratteristiche che invece non sono tipiche di chi fa politica, almeno non la politica con la “p” minuscola a cui assistiamo quotidianamente.
Perché ci sia questa collaborazione, pur preservando la neutralità e la libertà della scienza, la politica dovrebbe creare dei tavoli di confronto aperti con comunità scientifiche riconosciute a livello internazionale. Penso per esempio alla meravigliosa fucina di idee e competenze che è il gruppo ERC Italy, che racchiude i migliori ricercatori e le migliori ricercatrici che operano in Italia in ogni campo del sapere. O alla comunità EMBO (European Molecular Biology Organization) nell’ambito della ricerca biomedica.
Queste comunità scientifiche – non autoreferenziali come alcune accademie italiane, ma estremamente selettive, meritocratiche e soprattutto giovani – dovrebbero essere lo strumento utilizzato dalla politica per farsi guidare su temi come l’ambiente, l’energia, i vaccini, le riforme dell’università. Tuttavia, invece di seguire la strada più trasparente, funzionale e moderna, si sceglie quella scivolosa, ambigua e vecchia delle candidature.
E in questo modo si rischia di incrinare la fiducia dei cittadini nella scienza. Non solo: si rischia di svilire il dibattito su temi così importanti e ridurlo a una questione di nomi, insulti e poltrone. Piuttosto quindi che costruire la campagna elettorale richiamando ognuno alla memoria gli errori dell’altro, perché gli schieramenti politici non ci fanno sapere come gestiranno le grandi emergenze sanitarie e ambientali che stiamo vivendo? Tutti hanno commesso errori, più o meno gravi; e quasi tutti lo hanno fatto per interesse più che per ignoranza. Tra chi ha strizzato l’occhio ai no-vax (e non sono Salvini e Meloni quelli che hanno fatto più danni in questo senso), chi ha affidato la gestione dell’emergenza a chi non era competente, e chi aizzava gli animi dei cittadini contro il governo e le necessarie misure di contenimento dei contagi, nessuno può scagliare la prima pietra. Quello che però tutti i partiti politici possono fare è smettere di guardare indietro e dirci, con molta chiarezza, cosa faranno per il Paese.
L’emergenza Covid non è finita: eppure, di come la politica intende affrontare il prossimo autunno/inverno, non sappiamo nulla.
Questo è particolarmente rilevante per lo schieramento di centro-destra, che durante la crisi pandemica ha criticato puntualmente le strategie dei governi (anche se con toni e sfumature molto diverse tra i vari partiti).
Che farà Giorgia Meloni se sarà premier? Seguirà le indicazioni della scienza ufficiale o sposerà posizioni antiscientifiche? Per il bene del Paese, io mi auguro che lei, così come Letta, Renzi, Conte e tutti gli altri leader politici, inizi da subito a dialogare con le comunità di ricercatori seri, giovani e indipendenti che abbiamo in Italia e in Europa e che finalmente il rapporto tra scienza e politica vada oltre i personalismi e le poltrone, e si dimostri all’altezza dei tempi difficili che viviamo.
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