“Zero”, il riscatto di Dave: dal carcere all’eroe invisibile di Netflix
PADOVA. Dalle periferie padovane, imprigionato nel giro dello spaccio e dei furti, alle periferie milanesi come protagonista della nuova serie Netflix “Zero”.
È a suo modo una storia di resurrezione quella di Giuseppe Dave Seke, musicista e attore nato a Pontevigodarzere venticinque anni fa da genitori di origini congolesi. Debutterà il 21 aprile nei panni di Omar, detto “Zero”, un ragazzo timido con lo straordinario potere dell’invisibilità, che lotta per difendere il suo quartiere anche se vorrebbe fuggire per realizzare i propri sogni.
Un moderno supereroe che viene dalla strada e ha la pelle nera, si guadagna da vivere come rider e ogni giorno si scontra con pregiudizi che sono molle per nuove sfide alla conquista di un bene inestimabile: l’affetto di chi ci circonda.
“Zero” evoca la versione “positiva” di quello che fu l’anti-eroe Giuseppe Dave Seke dieci anni prima: affamato di parità, emancipazione e riconoscimento sociale, nella sua adolescenza ha ceduto ai facili guadagni promessi dalla malavita, toccando il fondo con l’arresto per rapina a un benzinaio di Chioggia nel 2015. Due anni di reclusione tra carcere e domiciliari. Un tempo dilatato che lo ha fatto riflettere sui dolori di un’integrazione ancora troppo faticosa e sulle possibilità creative per affrontare questa rabbia, tradotta da disagio a risorsa, da inadeguatezza a opportunità.
I tempi dentro di lui sono maturi, e lo sono anche fuori. Nel 2019 Mahmood vince il Festival di Sanremo. Non senza polemiche, ma si rompe un tabù. L’Italia è pronta per dare un’occasione di successo nazional popolare anche agli artisti delle “seconde generazioni”, come il cantante italo-egiziano e come Giuseppe Dave Seke, che nell’estate dello stesso anno incide con il produttore padovano Wairaki De La Cruz il suo primo disco, “Rebirth”: in italiano, “rinascita”. Rime, ritmi, temi che abbracciano la musica di protesta per antonomasia, il rap, cantato nella sua lingua originale, l’inglese, che gli permette di raccontare e di elaborare i propri errori, fare pace con sé stesso, ed esortare i coetanei a non cedere alla tentazione del denaro sporco, peccato originale di tutti i suoi mali.
Il disco gira negli imperscrutabili sentieri del web, piace alle persone, piace ai produttori, Giuseppe Dave Seke acquista fiducia e spicca il volo verso Milano, dove lo attendono provini, audizioni, contatti e proposte. Tra questi c’è l’occasione su misura per lui, cucita da un destino che ha ribaltato la legge del contrappasso e a fronte dei suoi errori gli offre il ruolo del riscatto, per l’attore ma soprattutto per l’uomo.
Quante volte Giuseppe Dave Seke avrebbe voluto essere invisibile allo sguardo di chi lo giudicava per il colore della sua pelle o la modestia del suo vestire, quante volte è stato costretto a passare inosservato da spacciatore, e come avrebbe voluto sparire quella volta che i carabinieri lo rincorsero per arrestarlo.
Adesso il potere dell’invisibilità lo possiede, grazie a quella grandiosa macchina dei sogni che è il cinema, e che funziona da transfert per gli spettatori che si identificano con i personaggi e ancor più per gli attori che li incarnano.
Questa volta però Giuseppe Dave Seke non diventerà invisibile per nascondersi, ma per proteggere la comunità del Barrio, il quartiere della periferia milanese che sta per subire una nuova urbanizzazione.
Condividerà la missione con Sharif, Inno, Momo e Sara, interpretati da giovani talenti italiani, di prima e seconda generazione, Haroun Fall, Richard Dylan Magon, Madior Fall, Virginia Diop, espressioni di culture sottorappresentate nel piccolo schermo e portate alla ribalta da Netflix, accompagnate da una splendida colonna sonora che, giusto per chiudere il cerchio, conterrà anche un brano inedito di Mahmood, il rap “Zero”. —
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