Tutto da decifrare e con la nostalgia di un Papa italiano: ecco che Conclave ci aspetta

Piace l’idea dell’abbinata con un Segretario di Stato straniero o viceversa. Ma c’è il rischio di interferenze inedite causate dalla scarsa conoscenza reciproca dei cardinali elettori

Marco Roncalli
Un mare di porpora: la compatta folla cardinalizia schierata ieri in piazza San Pietro durante le esequie di Papa Francesco
Un mare di porpora: la compatta folla cardinalizia schierata ieri in piazza San Pietro durante le esequie di Papa Francesco

Roma caput mundi e tutta sotto i riflettori. Puntati dalla prima mattinata sui potenti della Terra accorsi per i funerali di papa Francesco, momento persino di impensabili colloqui e di un’omelia esequiale non senza indicazioni sul futuro. E spostati nel primissimo pomeriggio sui poveri - da sempre al centro della sua attenzione - che ne hanno accolto la salma all’ingresso di Santa Maria Maggiore: gli “ultimi” a salutarlo.

Là dove Bergoglio si recava nei soggiorni a Roma da cardinale, dove prima e dopo i viaggi da Papa sostava orante, dove tre anni fa aveva stabilito il luogo della sua sepoltura: nella navata laterale tra le Cappelle Paolina e Sforza.

Prima però il suo ultimo viaggio attraverso il centro di Roma: sei chilometri a passo d’uomo tra ali di folla. Qualcosa che ha evocato non quello, sobrio, del corpo di Paolo VI dal sagrato di San Giovanni in Laterano - lì arrivato in forma privata da Castel Gandolfo il 9 agosto 1978 - fino a San Pietro, ma quello da Castel Gandolfo a Roma del corpo di Pio XII. Uno “spettacolo di popolo” esaltato dal patriarca di Venezia Roncalli nell’elogio funebre di Pacelli l’11 ottobre 1958 quanto «a imponenza di maestà spirituale e a penetrazione di sentimento».

Nel frattempo quella di lunedì 28 aprile sarà la quinta Congregazione generale. Arrivati ormai anche porporati provenienti dai Paesi più lontani, resi noti i dettagli sulle celebrazioni dei Novendiali, come pure i nomi dei due ecclesiastici incaricati delle meditazioni - l’abate di San Paolo Donato Ogliari e il cardinale Raniero Cantalamessa - si va verso le giornate determinanti per le Congregazioni generali. E qui è difficile passare sotto silenzio palesi “novità” o “anomalie”, destinate a influire su tempi e scelte degli elettori, protagonisti di scenari al momento difficilmente pronosticabili, al netto dei troppi nomi che si vanno ripetendo, e persino dei loro reali orientamenti.

Questo che sta per aprirsi sarà il conclave più affollato della storia, internazionale, con rappresentanze delle “periferie” del mondo, ma che vedrà esprimersi cardinali che ben poco sanno gli uni degli altri e tra i quali sembrano pochi quelli in grado di fare da pope maker. Il “soccorso” potrà arrivare nei giorni prima dell’ingresso nella Sistina dagli ultraottuagenari, quelli esperti nella conoscenza dei meccanismi del conclave, nei loro ruoli di “pontieri” fra le correnti e i tanti poli che caratterizzano quest’elezione.

Sarà un conclave dove, per ora, mancano convergenze sicure su temi non secondari, si rimarcano divisioni su dossier mai chiusi. E dove spicca l’assenza di diocesi importanti per tutta la Chiesa: Milano, Parigi, Los Angeles, Lisbona... Un conclave, dunque, che, se non risolverà alcuni nodi durante le Congregazioni generali, avrà bisogno di maggior tempo nella formazione della maggioranza necessaria a chi uscirà dalla Sistina come successore di Francesco (ma anche di Pietro).

Un conclave in parte a rischio di interferenze inedite. Essendo noto che, pur non essendoci più il diritto di veto esercitato dalle potenze cattoliche - lo ius exclusivae spazzato via da Pio X nel 1904 che l’aveva visto applicare nel suo conclave - oggi, le nuove potenze non disdegnano di finanziare (come hanno fatto con notevole anticipo) campagne social, pronte a creare fake news alla bisogna.

Sullo sfondo restano poi altre questioni non meno rilevanti che potrebbero subito emergere. E qui non ci si riferisce al caso Becciu, che va verso la soluzione, bensì a quelle scelte che talora, nella storia dei conclavi, hanno consentito fumate bianche indicando già oltre al Papa, un possibile Segretario di Stato. Alcuni cardinali immaginano già, oltre alle linee che adotterà il nuovo pontefice, chi dovrà tradurle in fatti. Anche alla vigilia di questo conclave l’idea del ticket con l’abbinata pare stia girando.

E pur riferendoci qui alla Chiesa Cattolica, cioè universale (dove la parola straniero dovrebbe essere cancellata, e gli orizzonti valoriali dovrebbero prevalere su quelli geopolitici), si immaginano ancora (im)possibili blocchi del tipo Europa, America, Asia, si percepisce la nostalgia di un Papa italiano. E questi approcci fanno immaginare ora la coppia Papa (ancora) straniero e Segretario di Stato italiano, ora Papa italiano e Segretario di Stato straniero. Un po’ debole il ticket papa e segretario di Stato stranieri (accadde nei mesi che videro vicini Wojtyla e il cardinal Villot). Debolissimo, anzi impossibile, il ticket tutto italiano.

Certo, nel ’900 Pio XI, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II confermarono il segretario di Stato del predecessore. Non così Pio XII e Giovanni XXIII: ma il posto formalmente era già vacante. E c’è altro da ricordare quanto a ticket. C’è stato più d’un conclave che ha visto il sostegno a un candidato poi eletto, previe rassicurazioni circa la nomina del segretario di Stato.

Ignorate però la parola «patto»! Si pensi al ’78, quando l’aiuto del cardinale Benelli al patriarca Luciani fece sorgere la preoccupazione in alcuni elettori che l’arcivescovo di Firenze mirasse all’ufficio di segretario di Stato, dal quale si temeva avrebbe potuto imporsi al nuovo: Luciani assicurò che Benelli non rientrava tra i nomi considerati.

Accadde anche nel ’58, con la curia rassicurata da Roncalli sulla nomina di Tardini a segretario di Stato al posto del temuto Montini. Ma, pur non essendo un suo uomo, Tardini fu sempre leale con Giovanni XXIII. Come Casaroli con Giovanni Paolo II. Perché – lo scrissi già nel 2013 - dal conclave non esce solo un papa che ha una maggioranza e una minoranza pronta a remargli contro. A elezione avvenuta è di tutti, almeno per un po’. 

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