Papa Francesco e quella popolarità erosa negli anni in un Nord Est sempre meno religioso
Amatissimo all’inizio del pontificato, il Pontefice ha poi pagato in Veneto e in Friuli Venezia Giulia il progressivo allontanamento dalla Chiesa

Dal plebiscito iniziale a un consenso sempre significativo, ma in corposa caduta. Era da tempo in discesa, l’immagine di papa Francesco nel Nord Est, (ex) sacrestia d’Italia, così come testata nei sondaggi di Demos & Pi di Ilvo Diamanti: se appena eletto, nel 2013, raccoglieva l’adesione di oltre nove persone su dieci, nel settembre scorso (data dell’ultima rilevazione) si era fermata a sei.
Un trend tutt’altro che recente, se si considera che già nel 2019 il dato era scivolato al 75 per cento; sta di fatto che nei dodici anni del suo pontificato la figura di papa Bergoglio ha registrato una perdita di oltre 30 punti: e se tra chi mantiene una pratica religiosa costante tuttora conservava un consenso elevato, poco sotto il 90 per cento, la caduta maggiore si è verificata nei non credenti, crollati dall’81 per cento iniziale al 31 odierno. Un orientamento che risulta ancor più marcato nei giovani.
Segno dei tempi
Il fatto che Francesco abbia goduto comunque di un indice di fiducia nettamente superiore a quello della Chiesa, rappresenta un significativo segno dei tempi in un Nord Est che da tutti gli indicatori manda evidenti segnali di un cattolicesimo stanco.
È una sofferenza vistosa soprattutto in Friuli Venezia Giulia, dove soltanto il 13 per cento va in chiesa almeno saltuariamente (contro una media nazionale del 18), mentre il 36 per cento non ci entra mai; ma elevata pure in Veneto, dove le cifre diventano rispettivamente di 16 e 32. Oltretutto, è un esodo in continua e accentuata crescita: in entrambe le regioni le quote sono crollate di una decina di punti nel giro degli ultimi dieci anni. E diventano vera e propria diserzione di massa tra i giovani: solo l’8 per cento ormai rimane legato in qualche modo alla Chiesa.
La crisi religiosa
È una sorta di Covid della fede, su cui d’altra parte i vescovi triveneti hanno avuto modo di confrontarsi con Francesco poco più di un anno fa, nel febbraio 2024, in occasione della visita ad limina in Vaticano: «Il Papa ha dimostrato di conoscere bene le nostre sofferenze e difficoltà», ebbe modo di spiegare all’epoca il patriarca di Venezia Francesco Moraglia.
D’altra parte, Bergoglio ha sempre dedicato un’attenzione specifica al Nord Est. Due terzi degli attuali vescovi sono di sua nomina, e tutti scelti con criteri propri della pastorale del pontefice: da uno dei primi, Carlo Cipolla, nominato nel 2015 a Padova, e prima alla guida di una parrocchia del Mantovano, oltre che direttore della Caritas; a uno degli ultimi, Riccardo Lamba, assegnato lo scorso anno a Udine, in precedenza a Roma come vescovo ausiliare incaricato di seguire l’ambito della «Chiesa ospitale e in uscita».
L’impegno non basta
Ma il pur forte impegno nel territorio non è sufficiente ad arginare la sempre più vistosa crisi di un’istituzione che ancora mezzo secolo fa a Nord Est rimaneva più che mai madre e maestra di vita oltre di fede: l’ha appena testimoniato, qualche settimana fa, la decisione del parroco della trevigiana Fontanelle di mettere in vendita una chiesa per l’impossibilità di sostenerne i costi di gestione.
E ancor più significativo è il caso della piccolissima Casoni, frazione della vicentina Mussolente: ribattezzata da papa Pio X “il roccolo delle vocazioni”, paragonandola a una sorta di rete per gli uccelli dell’anima. Una realtà che da fine Ottocento aveva dato alla Chiesa ben 157 tra sacerdoti e suore, ma che dal 2018 non fornisce più nessun apporto.
Un quadro generale
È lo specchio di una situazione diffusa del resto nell’intero Nord Est, dove ormai sono molti i preti a scavalco incaricati di occuparsi di più parrocchie (nel Bellunese solo 36 paesi ne hanno uno tutto per loro); e dove i trend futuri segnalano autentiche emorragie. Tra appena quindici anni, per limitarsi a un esempio, la diocesi di Padova (una delle più grandi, estesa a cinque delle sette province venete) potrà contare su poco più di 200 sacerdoti a fronte dei 670 odierni.
Al calo delle vocazioni si somma quello delle nascite, in un Nord Est con culle sempre più vuote: indicativa la scelta obbligata, all’inizio di quest’anno, del parroco del Duomo di Conegliano di non celebrare la prima Comunione per mancanza di bambini in età prescritta, in un centro di quasi 35mila abitanti.
Una nuova mappa
A una geografia della fede rimasta per secoli caratterizzata dal bianco, si va sostituendo in modo ormai vistoso una nuova mappa a colori, legata all’immigrazione che a Nord Est tocca punte tra le più elevate in Italia, con la convivenza di quasi 170 diverse etnìe. Oggi tra Veneto e Friuli Venezia Giulia sono presenti, con numeri sempre più consistenti, ortodossi, pentacostali, musulmani, sikh, buddisti, oltre a una miriade di confessioni religiose minori, ciascuna con i propri luoghi di culto.
Non solo cattolici
Per limitarsi ad alcuni esempi, in Veneto esistono oggi 119 centri di preghiera musulmani, una cinquantina di parrocchie ortodosse, 15 centri di meditazione buddista e 5 templi sikh; e nella realtà friulana e giuliana sono presenti 3mila musulmani di 18 diverse nazionalità, quindicimila fedeli serbo ortodossi a Trieste, 40 chiese evangeliche a Pordenone. Ponendo alla Chiesa del dopo Francesco una complessa sfida di convivenza.
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