Le mafie in Veneto, poca cosa: il sondaggio choc di Libera
PADOVA. In Veneto la mafia viene percepita come un fenomeno marginale, mentre la corruzione sarebbe "abbastanza diffusa" sul territorio. E' quanto emerge dal rapporto LiberaIdee di Libera, basato su 939 questionari che hanno coinvolto il 9,1% del campione nazionale.
Per il 45,3% dei veneti, la presenza della mafia nella propria zona è marginale e diventa "preoccupante o socialmente pericolosa" solo in un caso su cinque. Il fenomeno viene valutato come secondario soprattutto da giovanissimi (under 18) e giovani (18-25 anni). Per quanto riguarda le attività della mafia in Veneto, il 57,3% indica il traffico di stupefacenti, seguito dal lavoro nero (30%) e dalla corruzione dei dipendenti pubblici (24,6%). Il 44% inoltre ritiene che la corruzione sia "abbastanza presente" in Veneto, uno su dieci la ritiene "molto diffusa" e uno su cinque ha avuto una conoscenza diretta del fenomeno.
Per quanto riguarda le figure più coinvolte in pratiche corruttive, i veneti indicano gli esponenti politici del governo, del parlamento (56,2%) e dei partiti (50,5%), seguiti dai funzionari pubblici che assegnano gli appalti (37,8%) e dagli imprenditori (26,2%).
Nella maggior parte dei casi, i veneti pensano che gli episodi di corruzione non vengano denunciati per paura delle conseguenze e di un sistema che potrebbe essere totalmente corrotto. "Per i cittadini veneti che hanno risposto alla ricerca la mafia è percepita come fenomeno globale ma sotto casa nessuno la vede - commenta Roberto Tommasi, referente Libera Veneto - E' chiaro che per troppo tempo il fenomeno sia stato sottostimato rispetto agli interessi economici e alla ricchezza che ci sono nel territorio".
Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l'adesione a gruppi mafiosi spiccano da un lato il ruolo della famiglia e del contesto di riferimento, seguono le difficoltà economiche e in ambito lavorativo. Guardando alle motivazioni individuali che spingono un individuo ad aderire alla mafia, prevale tra i rispondenti l'idea che l'affiliazione mafiosa sia legata alla possibilità di ottenere guadagni facili e, in seconda battuta, alla ricerca di prestigio e potere.
Sulla percezione della diffusione della corruzione in Veneto quasi la metà degli intervistati (44%) ritiene che la corruzione sia ''abbastanza'' presente nel territorio regionale, mentre soltanto uno su dieci la ritiene molto diffusa. Circa un rispondente veneto su cinque dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive (aver ricevuto o aver offerto tangenti e/o favori indebiti). La conoscenza diretta è più diffusa tra gli adulti.
Tra le figure più coinvolte in pratiche corruttive, secondo gli intervistati, ci sono innanzitutto esponenti politici - membri del governo, del parlamento(56.2%) e dei partiti politici (50,5%) - quindi i funzionari pubblici - coloro che assegnano gli appalti(37,8%) e, più in generale, gli imprenditori(26,2%) e gli amministratori locali(19,8%).
I motivi principali per cui gli episodi di corruzione non vengono denunciati, scelti tra una rosa ampia di possibilità (potendone selezionare fino a tre), sono primariamente il timore per le conseguenze della denuncia e, in seconda battuta, la paura che l'intero sistema sia corrotto, compresi coloro che dovrebbero raccogliere la segnalazione, la difficoltà di dimostrare la corruzione e la rassegnazione determinata da una presunta inutilità della denuncia. Il 16,4% dei rispondenti in Veneto , afferma infine che coloro che non presentano denuncia di fronte a fenomeni corruttivi perché ritengono la corruzione un fatto normale.
''Per i cittadini veneti che hanno risposto alla ricerca - commenta Roberto Tommasi, referente Libera Veneto - la mafia è percepita come fenomeno globale ma sotto casa nessuno la vede. E' chiaro che per troppo tempo il fenomeno sia sottostimato rispetto agli interessi economici e alla ricchezza che ci sono nel territorio. Ecco il rischio della sottovalutazione fa capo ancora all'equazione, dura a morire, che la mafia esiste la dove c'è violenza esplicita, dove c'è il fatto di sangue".
"E' fondamentale - prosegue il referente di Libera - prendere coscienza del contesto criminale, premessa indispensabile per il contrasto alle mafie e alla corruzione. Per quanto efficaci, le sole misure repressive non basteranno infatti mai a eliminare il crimine organizzato nelle sue molteplici forme. Mafie e corruzione, prese insieme e alleate, sono un male non eminentemente criminale ma culturale, sociale, economico, politico.
"Occorre allora una grande opera educativa e culturale perché è la cultura che sveglia le coscienze. E per questo il prossimo 21 marzo, saremo a Padova e nel resto d'Italia anche per incoraggiare un Paese che resiste, fatta di gente perbene che nelle associazioni, nelle cooperative, nelle realtà laiche e religiose, o anche semplicemente assumendosi le proprie responsabilità di cittadino, s'impegna per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone. ''.
Proseguendo nella ricerca sociale di Libera, la metà dei rispondenti ritiene che in Veneto vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane.
La quota di incerti cresce consistentemente a fronte di una domanda più precisa circa il tipo di criminalità straniera presente nella regione: più di quattro rispondenti su dieci - nel campione veneto - affermano di non essere in grado di identificare esattamente l'origine dei gruppi mafiosi stranieri più diffusi nel territorio regionale.
Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda, invece, prevale l'indicazione della mafia di origine cinese (15,1%), e a seguire quella balcanica (14,6%) e albanese 12,%. Per quanto riguarda i beni confiscati, meno della metà dei rispondenti è a conoscenza dell'esistenza di almeno un bene confiscato in Veneto; tra questi, prevale a quota di coloro che, pur avendone notizia, non dispongono di informazioni puntuali circa la sua collocazione sul territorio. Nella maggior parte dei casi - tre rispondenti su quattro, i beni confiscati sono percepiti come una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all'intera comunità locale.
Per quel che concerne le opinioni relative a quale debba essere l'utilizzo dei beni confiscati, secondo i rispondenti dovrebbero essere destinati in misura prioritaria per cooperative orientate all'inserimento lavorativo dei giovani (26,4%),alla realizzazione di luoghi pubblici di aggregazione e di educazione alla cittadinanza (21,3%).
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