Mafie come holding, ecco quali servizi offrono alle imprese in Veneto

La ricerca del professor Parbonetti individua quattro settori chiave:evasione fiscale, riduzione del costo del lavoro, smaltimento rifiuti low cost e recupero crediti


BASCHIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - CONVEGNO E TAVOLA ROTONDA AL BO. ANTONIO PARBONETTI
BASCHIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - CONVEGNO E TAVOLA ROTONDA AL BO. ANTONIO PARBONETTI

PADOVA. La solenne aula magna del Palazzo del Bo', gremita anche dalla presenza di autorità civili e militari: è qui che è stata presentata la ricerca curata da Antonio Parbonetti, ordinario di economia aziendale,sulle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo e il riciclaggio.

La ricerca – finanziata dalla Regione Veneto e ancora in corso - ha preso in esame una mole considerevole di dati: 1967 aziende collegate a persone condannate per associazione criminale di matrice mafiosa. Di queste 1229 sono aziende del centro nord. Di queste imprese il 33% è presente a nordest, ed in particolare in Veneto.

Il versante del centro nord a più alta densità di imprese mafiose sarebbe quello tra l'Emilia, la Lombardia e il Veneto: un rinnovato triangolo industriale, verrebbe da dire. In Veneto è Venezia, con il 55,7%, la provincia con il più alto tasso di imprese legate alla criminalità organizzata seguita da Treviso con il 16,8 e Padova copn il 14,8 per cento.

Proponendosi quasi come una holding multiservizi, le mafie in Veneto sembrano essersi specializzate in quattro "rami d'impresa": la consulenza sull'evasione fiscale, la diruzione del costo del lavoro (caporalato, ma non solo), lo smaltimento rifiuti a basso costo e il recupero crediti.

La 'ndrangheta come una società fornitrice di servizi per le aziende sane

L'analisi del professore di Economia aziendale, legata alle storie delle imprese controllate dai gruppi mafiosi, parte mettendo in luce una discrepanza: la mole importante di imprese mafiose di tipo individuale e di società di persone al sud, l'80% del totale, rispetto a quelle del nord che sarebbero invece in buona parte società di capitale.

Questo dato ha portato l'equipe di Parbonetti ad ipotizzare che sarebbe questo il primo passo dell'ingresso dei denari delle mafie nel mercato legale. Un passaggio che avverrebbe quindi nei territori di origine dei gruppi mafiosi, contraddicendo una visione molto diffusa che vede il nord come lavatrice dei proventi accumulati al sud. Al centro nord avverrebbe invece il secondo passaggio attraverso società di capitali in grado di generare ulteriori risorse che verrebbero poi, chiudendo idealmente il cerchio, investite nelle aree di origine.

Le società di capitali presenti al nord servono per fare utili, magari reinvestono poco, hanno strategie manageriali particolari, ma non sono semplici lavatrici di denaro sporco. Un dato rilevato nella ricerca è l'importanza che l'impresa può rivestire per entrare nei circuiti che contano, la politica in primis, ampliando la sfera d'influenza e moltiplicando così le possibilità di introiti.

Queste imprese intraprendono poi, spesso, rotte commerciali verso paesi dove la legislazione antimafia è meno occhiuta potendo quindi operare con meno vincoli.

Le società prese in esame non seguono una parabola solitaria ma vanno osservate come integrate all'intero di filiere e di cluster – e quindi gruppi di imprese collegate operanti nello stesso settore - risultato quindi di una strategia aziendale complessa. Parbonetti non ha mancato di sottolineare il ruolo che in questa strategia rivestono i professionisti nel consigliare ed indirizzare le scelte.

Nella capacità operativa di queste imprese è possibile intravedere un mix vincente di bassa trasparenza, ma nello stesso tempo di capacità di interlocuzione con altri soggetti. Il fattore vincente delle imprese mafiose e la capacità di offrire servizi estremamente appetibili nel mercato: dall'evasione fiscale alla riduzione del costo del lavoro, dal recupero crediti allo smaltimento dei rifiuti.

 

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