Da dicembre solo quattro giorni di vero inverno, il ricercatore Cnr: «Tutta responsabilità dell’uomo»
Jacopo Gabrieli, bellunese, lavora all’Istituto di scienze polari: «Con questo trend al ghiacciaio della Marmolada restano massimo quindici anni»
Da dicembre abbiamo avuto solo quattro, forse cinque, giorni di vero inverno: è drammatico». E ancora: «Tempo quindici anni e il ghiacciaio della Marmolada sarà come quello dell’Antelao. È meglio non parlare di cambiamenti meteo, ma di crisi climatica. Anche per quanto riguarda questo strano inverno, con giorni di alte temperature che si susseguono. Nevicherà ancora, ma sempre di meno e, comunque, la pioggia sale a quote sempre più alte».
Jacopo Gabrieli, di Belluno, è uno dei più accreditati glaciologi del Cnr, opera per l’Istituto di Scienze Polari. Istituto che da una decina d’anni dispone di un osservatorio climatico sul Col Margherita, sopra il passo San Pellegrino.
Mentre parliamo sta rientrando dalle Valle d’Aosta. Sono le 13, qual è la temperatura?
«Sedici gradi. Nei giorni della merla, pensi. Mi dicono che a Cortina ci sono 14 gradi. Lo sa che abbiamo battuto, l’anno scorso, il record del caldo detenuto dal 2016? E la tendenza continua in queste prime settimane dell’anno».
Come studioso del clima che cosa la preoccupa di più?
«Le precipitazioni, scarse di pioggia e di neve sono state accompagnate da uno zero termico elevato. Dall’inizio dell’inverno meteorologico, convenzionalmente il 1° dicembre, la neve è inferiore del 40% rispetto alle medie. E di pioggia ne è arrivata pochina».
Lei conosce molto bene la montagna di casa, il Nevegal. Quanto l’avete sospirata, questa neve?
«Sì. Ma ad interrogarci, problematicamente, è il limite della neve su tutto l’arco alpino. Questo limite si alza ogni anno di cinque metri, sull’arco Alpino, il che significa 200 metri in 40 anni. Secondo uno studio dell’Università di Padova riguardante gli anelli di accrescimento delle piante di ginepro, per ricostruire la durata della neve al suolo negli ultimi seicento anni, ne esce che a 2000 metri, la durata della neve al suolo è diminuita di oltre un mese».
Sarebbe saggio, a questo punto, porsi qualche riflessione anche per le attività sciistiche.
«Come fa la Francia, che non garantisce nessun contributo pubblico alle società di impianti a fune che investono sotto i 1.500 metri. Non è che da un giorno all’altro cesserà di nevicare. Ma dobbiamo pianificare attività per la montagna che facciano il conto con questa evoluzione climatica. Tra l’altro, proprio quest’inverno abbiamo registrato condizioni di clima che spesso, alle quote anche alte, hanno trasformato la neve in pioggia»,
Che cosa sta succedendo?
«Sa qual è stata l’anomalia climatica dell’anno appena trascorso? Quello 0,60° C di aumento rispetto alla media del trentennio 1991-2020. Ma non possiamo dimenticare che, rispetto all’era preindustriale, il dato arriva a 1,48°C di scarto, terribilmente vicino al limite di 1,50°C, che ci eravamo proposti di non raggiungere».
Quello sul piano globale. E sulle Dolomiti?
«Nello scorso mese di dicembre, l’anomalia termica sulle Dolomiti è stata i 3,2°C (quasi 5°C nella seconda metà), rispetto al periodo 1991-2020».
Lei ha raccontato un dato inquietante in un’analisi fatta per la Fondazione Dolomiti Unesco. Riguarda le oscillazioni di quota dello zero termico...
«I colleghi di Meteoswiss hanno studiato la quota dello zero termico degli ultimi decenni e si sono resi conto di un altro aspetto preoccupante: in estate (luglio e agosto) la quota media dello zero termico è di 300 metri più alta rispetto al periodo preindustriale e in inverno si arriva a 500-600 metri».
Questo vuol dire che non c’è proprio futuro per i nostri ghiacciai?
«L’estate scorsa sono salito a Punta Penia, la cima della Marmolada. Non immaginavo di trovare solo la nuda terra. Credevo che ci fosse ancora un velo di ghiaccio. Il ghiacciaio della Marmolada non esisterà più fra dieci o quindici anni. Resteranno chiazze di ghiaccio come sull’Antelao. Possono venire anche 6 metri di neve come nel 2021, ma che cosa rimarrà con queste temperature? Niente. Conversando con gli amici della Fondazione Dolomiti ho detto che salire sulla Marmolada è come andare al capezzale di un familiare che ami con tutto il cuore, ma che ormai si sta spegnendo. Questo, però, non deve deresponsabilizzarci, dobbiamo anzi agire con più forza e pensare al futuro, con una prospettiva al 2100 e quindi non tanto per noi quanto per i nostri figli e per i nostri nipoti».
In definitiva, quale è l’origine del cambiamento climatico?
«La comunità scientifica è concorde: è la conseguenza delle attività umane. Esclusivamente. E lo riscontriamo soprattutto in montagna, dove la temperatura sta cambiando, in quota, il doppio rispetto al fondovalle, soprattutto alla pianura».
L’inversione termica di questi giorni lo dimostra.
«Taluni obiettano: quest’inversione è sempre esistita. È vero. Ma è altresì vero che non ci sono mai stati campi di alta pressione così lunghi, così costanti, così frequenti per tutto l’inverno come da qualche anno a questa parte».
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