Partita la corsa alle poltrone parlamentari. Ecco i primi nomi dei candidati veneti
Da Casellati a Bitonci, da Ferrazzi a De Poli, prima di trovare nuovi volti va garantito nelle liste il posto sicuro ai big uscenti
VENEZIA. Tempus fugit. Gli elenchi degli elettori all’estero da aggiornare entro il 27 luglio, il deposito dei simboli dal 12 al 14 agosto, la presentazione delle liste entro un mese a partire oggi: il voto del 25 settembre detta un timing strettissimo e la circostanza – abbinata alla drastica riduzione delle poltrone parlamentari e alla pressione ansiogena dei sondaggi – turba il sonno agli aspiranti candidati, alimentando la tensione delle forze politiche.
La previsione, così, è che i caporioni romani, incalzati dal calendario, coglieranno la palla al balzo per tacitare sul nascere le discussioni nei territori e calare il verbo dall’alto con l’ausilio dei colonnelli locali. Contrastanti allora i rumors provenienti dai partiti, riflesso di aspettative e timori contrastanti. Chi pregusta la scorpacciata è Fratelli d’Italia, la destra accreditata alla vigilia del primato nazionale e di un clamoroso sorpasso veneto a spese della Lega; il capo manipolo è Luca De Carlo, coordinatore regionale del partito e sindaco cadorino di Calalzo: potrebbe concorrere al collegio sicuro di Belluno; buone chance anche per Elisabetta Gardini – reginetta della litigiosa destra patavina – e Raffaele Speranzon, il battagliero capogruppo in Regione.
Penitenza e nervi tesi tra i leghisti destinati (salvo miracoli del redivivo dio Po) a dimezzare o quasi una rappresentanza che nel 2018 contava ben 32 deputati e senatori.
Stavolta i runners blindati si contano sulle dita delle mano – la trimurti salviniana dei padovani Alberto Stefani, Massimo Bitonci e Andrea Ostellari, il ministro uscente Erika Stefani, il vicesegretario federale Lorenzo Fontana – con gli uscenti Ingrid Bisa, Dimitri Coin e Gianpaolo Vallardi in discreta posizione; anche a Palazzo Ferro Fini c’è chi scalpita: Nicola Finco (spina nel fianco del governatore Zaia) anzitutto, e poi il presidente dell’assemblea Roberto Ciambetti e l’assessore evergreen Federico Caner.
Più rosee le prospettive del Pd, convinto che il ruolo di “guardia scelta” del governo Draghi sarà premiato dagli elettori: la linea adombrata dal Nazareno mira a confermare gli uscenti, a cominciare dalla giornalista veronese Alessia Rotta (presidente della commissione Ambiente alla Camera) e da Andrea Ferrazzi, senatore di Venezia dallo spiccato profilo ambientalista; né si esclude che il segretario dem Andrea Martella, quattro mandati parlamentari alla spalle, tenti il pokerissimo; o che a cercare la rivincita sia la diretta rivale del veterano, Laura Puppato, la pasionaria di Montebelluna.
Dolenti note per Forza Italia, terremotata dall’addio del padre nobile Renato Brunetta e da defezioni crescenti: a Maria Elisabetta Casellati, la presidente del Senato, sarà garantito un seggio, per gli altri azzurri (incluso Niccolò Ghedini, l’avvocato del Cavaliere) il cammino verso Roma si annuncia in salita.
Che altro? Il M5S, già randellato alle ultime regionali, affiderà le sue speranze al ministro Federico D’Incà (dichiaratamente draghista ma rimasto fedele a Conte) mentre i grillini pentiti, capitanati da Luigi Di Maio, scommettono su Mattia Fantinati: già sottosegretario alla Pubblica amministrazione, lo scaligero correrà come una lepre in tutti i collegi proporzionali.
Non basta. Uccel di bosco Matteo Renzi al pari di Carlo Calenda, della partita – assicura Luigi Brugnaro, il sindaco fucsia Venezia – sarà Coraggio Italia e – manco a dirlo – sulla scheda farà capolino anche Antonio De Poli, questore anziano a Montecitorio: la vecchia volpe officia il rito democristiano, una certezza tra tanta confusione.
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