Addio al Veneto bianco, a stravincere è la destra: «È il vuoto del Carroccio»
La destra avanza in Europa, si prende Francia, Germania, Austria, Spagna e anche l’Italia. In questo contesto non fa eccezione il Veneto, dove Fratelli d’Italia si conferma il primo partito, ribadendo quindi il dato delle scorse elezioni politiche. Il consenso del partito di Giorgia Meloni è il più votato anche in una terra tradizionalmente democristiana come quella veneta. Dunque la luna di miele non è finita e questo appuntamento elettorale, che rappresenta una sorta di verifica di midterm, certifica un consenso che sarà fatto pesare in sede di tavolo nazionale per le prossime elezioni regionali.
FdI è il primo partito ma alle spalle dei “fratelli” si consuma una sfida fratricida tra Lega e Forza Italia. Alle 23.50, orario in cui va in stampa questo giornale, il partito di Antonio Tajani è leggermente sopra quello di Matteo Salvini.
Ed è un dato determinante, per quelle che saranno le scelte politiche prese da qui in avanti. Come è noto sarà nel corso di un vertice tra i leader nazionali che si sceglierà il prossimo candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Veneto. Il prossimo anno si voterà in 9 regioni e quindi la scelta finale sarà frutto di una trattativa tra Meloni, Salvini e Tajani. Ma il dato di partenza sarà questo delle europee. Di conseguenza, se le tendenze degli instant poll saranno confermate, la Lega è il fanalino di coda nella maggioranza di governo. Lo è a livello nazionale ma la speranza di Salvini è che almeno in Veneto, dove il Carroccio è più radicato, ci sia la possibilità di strappare qualche punto percentuale in più, ribaltando i rapporti di forza con il partito di Flavio Tosi.
Snodo decisivo anche per il Partito democratico, che a livello nazionale si conferma il secondo partito. Resta da vedere quale sarà il consenso in Veneto, per capire se a una crescita nazionale corrispondono curve crescenti anche a livello territoriale. Anche in questo caso l’orizzonte dei partiti sono le prossime regionali, dove sarà decisiva l’impostazione scelta per presentare la coalizione. Un Pd forte potrebbe fare la voce grossa con i Cinque stelle e con i partiti ambientalisti. Ma se i risultati raccolti dal Pd veneto non dovessero essere all’altezza della progressione nazionale, la forza contrattuale in chiave locale scenderebbe notevolmente.
«Il dato che più preoccupa è quello dell’affluenza» evidenzia Paolo Graziano, professore di Scienza politica all’Università di Padova. Sempre alle 23.50 in Veneto la percentuale è del 52,59%, contro il 63% delle elezioni precedenti. «Il 50% degli elettori che non vota è una sconfitta per la democrazia. E quindi i partiti dovrebbero ragionare su come ritrovare un legame con loro».
Il docente si sofferma poi sui primi dati emersi, che confermano un’affermazione delle destre a ogni latitudine. «Complessivamente non mi pare che ci sia un cambiamento rispetto alle aspettative», dice. «Farei fatica a vedere nel successo della destra un successo di chi vuole la guerra, è invece un successo che ha ragioni molto nazionali. La destra avanza perché con un’ottica di rivendicazione neopopulista cerca di sottolineare lo stato di difficoltà dei ceti popolari. Il tema della guerra molto lontano dal voto».
I primi dati scrutinati indicano FdI a ridosso del 30%, un risultato ancora una volta sorprendente, che certifica una leadership ormai radicata. È il Veneto bianco che cambia pelle. «È sparito da tempo», sentenzia Graziano. «La Lega non è più in grado di farsi portavoce del Veneto bianco e quindi non è sorprendente che alle europee ci sia un’affermazione tale della destra. Tra l’altro la conferma di FdI è una dinamica politica in atto in questo momento e non ci sarebbe nessuna ragione per andare in un’altra direzione».
Dunque il partito di Giorgia Meloni sempre più egemone, anche in Veneto. Questo avrà dei riflessi anche sulla politica regionale, nell’ultimo miglio che attende il presidente Zaia prima della fine del suo mandato. Quanto alle trattative che ne conseguiranno per decidere il candidato, sembra proprio che la parte del leone stavolta la faranno i “fratelli” di Giorgia.
Alla faccia di San Marco e di Alberto da Giussano. Le elezioni europee certificano la fine di un’era, quella della Lega egemone. —
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