Bergamo, casa Felice: “Ecco perchè Gimondi ci manca tanto”

La figlia Norma tra ricordi e aneddoti del papà che non c’è più da 4 anni. “La tappina Svizzera? A mio padre non sarebbe andata giù”

Antonio Simeoli

CASSANO MAGNAGO. Tappa di Bergamo, e la domanda è inevitabile come la pioggia in questo Giro: perché oggi ci mancherà tanto il padrone di casa Felice Gimondi?
«Forse perché era uno di classe e tenace, un mix tra lo stile di Coppi e la tenacia di Bartali. Da quel 16 agosto di 4 anni fa a me, a mamma e mia sorella papà manca come il primo giorno che se n’è andato».
Eppure Norma Gimondi, avvocato, buona pedalatrice, membro della giunta Coni, parla del grande papà col sorriso.

Il Giro a Bergamo: a casa Gimondi non sarà una giornata normale vero?
«Certo. Tanti episodi mi vengono in mente. Come quando al Giro 1976, che papà poi vinse, mamma ci portò in fondo alla strada perché passava la tappa e papà si avvantaggiò per gentile concessione del gruppo per venire a salutarci. Ero una bimba, per me lui non era un campione, era solo il mio papà che i mancava tanto».

Insomma, a lei da piccola il mese di maggio piaceva poco. Vero?
«Esatto, perché se ne andava per quattro settimane e lo vedevo tornare un po’ cambiato: magro magro e con l’abbronzatura da muratore».

Gimondi vince a Bergamo davanti a Merckx al Giro d'Italia 1976
Gimondi vince a Bergamo davanti a Merckx al Giro d'Italia 1976

E quando nel 1976 vinse a Bergamo suo padre ?
«Sì, davanti a Merckx e Moser, un trionfo che noi non potemmo gustarci dal vivo: erano gli anni dei rapimenti, avevamo ricevuto minacce e siamo rimasti a casa sorvegliati dai carabinieri. Io faccio l’avvocato, pensi che ancora oggi i colleghi in tribunale mi raccontano di quella tappa ricordandosi esattamente dove si erano posizionati per applaudirlo».
E la tappa di domenica?
«Sarà uno spettacolo. La Roncola è una salitaccia, una inizia subito dura e ti fa andare fuori giri. A Miragolo San Salvatore sopra Sedrina avevamo la casa, quella salita mio padre la conosceva a memoria. Strade strette, terreno adatte ai fuggitivi».

Cosa avrebbe detto Felice della tappa accorciata di venerdì?
«Non l’avrebbe digerita. A quei tempi, con indumenti improbabili, correvano con qualsiasi tempo: neve, ghiaccio, pioggia. Sciopero? Impossibile».
Il Giro tornerà venerdì sulle Tre Cime...
«Nel 1967 arrivarono con la neve e la vittoria di papà fu annullata per alcune spinte ricevute. Ma fin lassù c’erano arrivati. Dicono che i tempi sono cambiati: vero, ma la pioggia, la neve e il freddo restano uguali. Credo sia tutta una questione di mentalità, a papà piacevano i corridori che ci mettono il cuore. Partiva per allenarsi con qualsiasi tempo. “Sono il capitano, devo dare l’esempio”, mi diceva sempre dandomi un grande insegnamento di vita».
Qualche corridore piacerebbe ora al grande Felice?
«Il Pogacar prima maniera, quello della prima vittoria al Tour gli somigliava molto. Oggi somiglia più a Merckx Cannibale e allora a Gimondi piacerebbe meno».

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