Montagne a Nord Est: i big non si potranno più nascondere
Con l’ex iridato Maurizio Fondriest alla scoperta delle quattro tappe in salita che mancano prima del gran finale a Roma. “Già sul Bondone nessuno potrà più bluffare”
BERGAMO. Montagne a Nord Est, non sarà un colossal o forse sì, chissà, sarà comunque un finale di Giro d’Italia dove i favoriti alla vittoria finale e chi vorrà salvare la propria corsa, non potranno nascondersi. Insomma l’adrenalina lascerà il posto agli sbadigli di questi giorni. A Bergamo la carovana rosa tira il fiato per la seconda volta nel giorno di riposo, come anticipato, un grande delle volate come Mark Cavendish (Astana) ha annunciato che a fine stagione si ritirerà, e già si guarda alle montagne. A Nord Est prima del gran finale a Roma. Andiamo a scoprirle con Maurizio Fondriest, 58 anni, trentino, campione del mondo nel 1988, procuratore e al Giro storico testimonial e pedalatore Mediolanum.
Premessa
Non è possibile raccontare le prossime salite senza guardarsi indietro. «A Campo Imperatore – attacca l’ex corridore di Cles – era impossibile attaccare, chi stava a ruota era avvantaggiato e risparmiava 100 watt di potenza e solo alla fine la salita era dura. Poco per fare la differenza. A Lago Laceno non ne parliamo, mentre a Crans Montana le salite c’erano, ma i corridori hanno evitato la più lunga nonostante le condizioni non certo proibitive. A Bergamo, invece, le salite dure erano all’inizio della tappa: insomma a volte il disegno di una frazione non aiuta».
Bondone: impossibile nascondersi
Martedì però l’antifona sarà diversa. C’è il Bondone anticipato da 4 gran premi della montagna. «Nessuno si potrà nascondere, i big dovranno venire allo scoperto – continua Fondriest – tuttavia avessero piazzato il Passo Santa Barbara, 13 km all’8% di pendenza media prima del Bondone e non all’inizio, la tappa sarebbe risultata ancora più dura. Thomas, Roglic, Almeida e Caruso, però, non si potranno nascondere. Già prima dell’ultima salita del Bondone, 21 km al 6,7%, i corridori avranno fatto 4 mila metri di dislivello».
Occhio al finale
Giovedì la due giorni dolomitica inizierà con la Oderzo-Val di Zoldo, da Pieve di Cadore gli ultimi 50 km saranno impegnativi. Passo Cibiana: il paese prima del valico è diventato celebre per i murales, da lì inizia un tratto molto duro di ascesa dove qualcuno potrebbe attaccare. «E poi – spiega ancora Fondriest – a 15 km dall’arrivo inizia la salita di Coi, 10 km a quasi il 10 per cento di pendenza media, prima dell’arrivo a Palafavera. Di terreno per attaccare da lontano ce ne sarà in abbondanza per quei corridori forti lontani in classifica o che provano a rientrare nella corsa alla maglia rosa. I big? Attenzione, il giorno dopo ci saranno le Tre Cime, così per loro credo più a una tappa di transizione».
Il tappone dolomitico
Venerdì ecco la Longarone-Tre Cime di Lavaredo, arrivo alla nuova Cima Coppi del Giro, dopo l’abbassamento e poi il taglio del Gran San Bernardo, a quota 2.304 con i 7 km finali a 7% di pendenza media, ma gli ultimi 4 a doppia cifra tendente al 20. «Occhio al Giau, sono in pratica 10 km al 10 % di pendenza media – continua il vincitore della Sanremo 1993, il giorno della nascita della figlia Vittoria – poi Tre Croci e Tre Cime, è una frazione durissima, spettacolare, che delineerà la classifica. Qui vincerà un campione».
Il gran finale
Sabato l’inedito Monte Lussari, ultima scena di “Montagne a Nord Est”: cronoscalata con 12 km di pianura e l’ultima salita del Giro, 7,5 km al 12% di pendenza media, una percentuale addolcita dal km abbordabile ai meno due. È il momento per Fondriest di “vuotare il sacco”. «Roglic tre anni fa ha perso un Tour nella cronometro finale, credo così che a Tarvisio voglia arrivarci con il serbatoio di energie ancora pieno e stavolta vincere, quella crono è adatta a lui». Poi la chiosa finale, sempre valida: «A volte, però, è bene non fare calcoli e prendere vantaggio quando si può perché al Giro può succedere di tutto». E succederà sulle montagne. A Nord Est.
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