Andrea Pugliese, il cacciatore di fantasmi in ville e castelli

Guardia giurata padovana, Pugliese è affascinato da tutto ciò che è mistero. «Paura? Qualche volta sì, ma prevale la curiosità. Ho catturato la voce di donna Rachele»

Alessia de Marchi
Andrea Pugliese, cacciatore di fantasmi, durante un sopralluogo
Andrea Pugliese, cacciatore di fantasmi, durante un sopralluogo

Cala il buio, la notte si fa silente, si avvertono dei passi e, all’improvviso, il registratore cattura voci, oscuri messaggi da altre dimensioni. Ed è ora che entra in azione la banda dei cacciatori di fantasmi, i Ghost Hunter Padova capitanati da Andrea Pugliese, 47 anni di Cervarese Santa Croce.

Da sempre affascinato da tutto ciò che è mistero e storia, lavora più prosaicamente al centro unico di prenotazioni dell’ospedale di Cittadella, dopo aver vigilato a lungo di notte e di giorno come guardia giurata. Da piccolo sognava gli ufo, da adolescente si vedeva tra i fumi e i vapori sprigionati dai pentoloni sui fornelli di una grande cucina vestito da chef, poi è finito a fare tutt’altro.

«Mi sono diplomato all’istituto alberghiero di Abano Terme», confessa, «Mi aveva rapito un prof di quella scuola in uno di quegli incontri per l’orientamento che si fanno nell’ultimo anno delle medie». E tra le evanescenze, non di un bollito ma di vite passate, trascorre i suoi fine settimana da più di una decina di anni. «Nel 2015», racconta, «abbiamo costituito ufficialmente l’associazione Ghost Hunter Padova. Ora siamo tre cacciatori, tutti padovani: io, Marco Baratella impiegato delle Poste, e Giorgio Bolla medico in pensione».

Pugliese al lavoro
Pugliese al lavoro

La vostra missione?

«Catturare fantasmi, dare un’identità alle presenze misteriose che si aggirano in dimore storiche, castelli, chiese, ... ma anche in case. La nostra prima indagine è avvenuta proprio in un’abitazione privata, a Camposampiero. Chi ci viveva avvertiva strani movimenti. I sospetti ricadevano sulla madre della proprietaria. Facemmo il nostro sopralluogo la notte in cui si verificò il terremoto che devastò alcuni paesi dell’Emilia. Ci cadde la strumentazione, pensammo fossero gli spiriti e invece era altro. Comunque quella notte registrammo una voce. Non era una donna, ma un uomo e diceva: “Dovete andarvene”. I proprietari riconobbero la voce del padre morto».

Lasciarono la casa?

«Non ci pensarono nemmeno. Rimasero lì, consapevoli della presenza di un ospite un po’ burbero, ma sostanzialmente innocuo».

Come si imposta una caccia ai fantasmi?

«Spesso siamo noi a inseguire storie o leggende rimaste sospese. Ci informiamo sulla proprietà di luoghi che raccontano misteri. Mandiamo mail chiedendo di poter piazzare la nostra strumentazione per catturare eventuali presenze. Talvolta sono i proprietari a contattarci. Recentemente abbiamo avuto una richiesta da Forte Gazzera di Mestre. Dicono di vedere, sentire qualcosa di strano. Programmeremo un’indagine in primavera. Comunque, una volta ricevuta la richiesta o ottenuta l’autorizzazione, organizziamo il sopralluogo, solitamente nel fine settimana. Sistemiamo la nostra strumentazione: normali registratori, termocamere per rilevare il calore, videocamere a infrarossi, un geofono per cogliere eventuali vibrazioni generate da passi o movimenti, un rilevatore di campi elettromagnetici, una radio ... E iniziamo a registrare per qualche ora, fino a quando la notte sfuma nell’alba».

Perché di notte? I fantasmi prediligono il buio?

«Nient’affatto. Gli spiriti, se ci sono, ci sono sempre. La notte, però, facilita il nostro lavoro in quanto si riduce l’inquinamento elettroascustico. Tutto il materiale audio e video raccolto viene poi analizzato. E qui inizia un lavoro che richiede attenzione e a pazienza. Il girato e il registrato vengono passati al setaccio alla ricerca di tracce visibili o sonore da interpretare. Cogliamo volti, ombre, presenze, risate, frasi o semplicemente parole. Ogni indagine richiede un mese e mezzo di studio».

Non ha mai sospettato che talvolta si tratti semplicemente di suggestioni ?

«In alcuni casi sì, ma poi sta alla nostra esperienza discernere e capire quando è un’illusione provocata dal nostro sentire piuttosto che un segnale reale».

Hai mai avuto paura?

«Sinceramente sì. Mi è successo al Forte Belvedere di Lavarone, in provincia di Trento: nel buio quell’imponente fortezza custodisce ed emana un’energia che ti fa pensare: “Qui c’è qualcuno”. Però poi la paura svanisce davanti al fascino di indagare il mistero, vince la curiosità».

Che fantasmi vip ha incontrato?

(Ci pensa su, scorre rapido tutte le missioni compiute, poi risponde) «Ogni spirito è preceduto e seguito da una fama, bella o brutta che sia. Stiamo indagando su Ezzelino III da Romano, cerchiamo tracce nelle terre tra Padova e San Zenone degli Ezzelini in cui è passato. Nella chiesetta di San Tommaso a Monselice, dove si dice che il tiranno si concedesse ai piaceri della carne, abbiamo registrato distinta la risata di un bimbo. A Villa Carpena di Forlì dove soggiornò Mussolini con donna Rachele, durante la nostra indagine abbiamo rilevato una voce di donna che diceva: “Lui è qui”. Era proprio la moglie del duce, ce l’ha confermato il contadino che l’aveva conosciuta e a cui abbiamo fatto ascoltare la registrazione. Tornando in Veneto, in un casolare di Santa Margherita d’Adige, in fase di ristrutturazione durante i lavori di tinteggiatura sui muri continuavano ad apparire sette croci. La nostra indagine ha permesso di scoprire che proprio lì erano state fucilate dai tedeschi in fuga sette persone. Adesso la commemorazione del 25 Aprile parte sempre da lì».

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