Un infarto sospetto e il dottor Dalla (detto Migliabecco)
Il racconto d’autore firmato Paolo Forcellini: «Alla redazione dell’Istrice arriva la notizia di una morte eccellente. Sarà ancora una volta il cronista Alvise Selvadego a risolvere il mistero».
Il trito rito della riunione di redazione dell’Istrice procedeva più stancamente del solito per via del caldo agostano e del condizionatore guasto. Entrò trafelato Baldo Nordio, il caporedattore, sventolando un lancio d’agenzia: «Xe crepà Marco Fabris, stroncato da un infarto». Era una notizia da prima pagina.
Settant’anni, Fabris aveva fondato quattro decenni prima la MF Aviazione e ne era il presidente e maggiore azionista. Produceva componenti per motori di aerei ed elicotteri che vendeva in tutto il mondo ed era diventato uno degli uomini più facoltosi delle Tre Venezie.
Avendo alle spalle otto lustri di sontuosi dividendi, l’imprenditore si era tolto ogni sfizio: una squadra di “A”, uno yacht di 88 metri con campetto da golf, una collezione di quadri milionari e così via. Acquisto ultimo ma non per ultimo, il 15 per cento dell’Istrice. Ovvio che la notizia della scomparsa scoppiasse come una bomba sulla riunione.
Tutti si chiesero, e il direttore Piero Zambon detto il Grizzly in primis, cos’avrebbe comportato quel luttuoso evento. Chi avrebbe preso il posto di Fabris, scapolo e senza prole? Unico parente era un nipote col quale era in pessimi rapporti. C’era un testamento? Zambon godeva della fiducia del defunto e ora si trovava dinnanzi a un buco nero.
Alvise Selvadego – 57 anni, magro, occhi grigi –, inviato di giudiziaria e autore dei principali scoop del quotidiano, frequentava il palazzo di Fabris. Era uno degli ospiti fissi invitati tutti i giovedì sera. Attorno a tre tavoli da gioco i convitati partecipavano a tre tornei contemporanei, di scopone, briscola e tresette.
Non tutti amavano le carte. Ma tutti ritenevano un privilegio baciare di frequente la pantofola a uno dei più potenti personaggi lagunari, nonché partecipare, prima dell’inizio delle partite, ai sontuosi banchetti offerti dal paron de casa. Per Selvadego, che non ambiva a scalate sociali, il rapporto con Fabris era di disinteressata amicizia.
Tutto era iniziato quando l’inviato aveva sventato un piano
Tutto era iniziato quando l’inviato aveva sventato un piano per sottrarre al businessman la sua collezione di capolavori del Settecento, in seguito affidata a Ca’ Rezzonico, con riconoscenza dell’intera città.
Conoscendo lo stretto rapporto di Selvadego con lo scomparso, a causa del quale si era roso a lungo il fegato, Zambon decise di affidargli il “coccodrillo”, uno di quei necrologi-biografie, dedicati a trapassati importanti, di solito pieni di saliva e che forse per questo ricordano le lacrime dei coccodrilli.
La riunione fu sciolta. Alvise si dedicò al suo compito. Poi però pigiò il freno: voleva altre informazioni sulla salute di Fabris. Aveva sottomano chi gliele poteva fornire: fra i compagni di scopone vi era pure il suo medico curante, Cesco Dalla detto Migliabecco, nomignolo mutuato dal “moro” giovane che martella la campana sulla Torre dell’orologio di Piazza San Marco. Come quell’automa di bronzo, il sanitario era molto alto, prestante e muscoloso.
Questa la sua versione: «All’apparenza Marco pareva in buona forma. Ma lavorava disdoto ore al giorno e magnava a quatro ganasse. Mi ghe’o gavevo dito: “A settant’anni devi stare più attento”. Stamattina presto, ero di turno al reparto di cardiologia dell’ospeal, i domestici l’hanno portato col suo motoscafo. Troppo tardi: era partito con fibrillazioni ventricolari fortissime ed è giunto in arresto cardiocircolatorio. No go poduo far niente: bastano pochi minuti perché la mancanza di ossigeno uccida».
Selvadego era deluso da quelle scarne notizie
Selvadego era deluso da quelle scarne notizie. Per lui la fine di Fabris era stata un fulmine a ciel sereno: due giorni prima lo aveva trovato in gran forma, soddisfatto di sé, spiritoso, ospitale come non mai.
Aveva invitato l’inviato a una crociera sul suo yacht. Alvise aveva declinato la proposta: progettava vacanze con la morosa e gli pareva che il tycoon non apprezzasse le compagnie femminili.
Mezz’ora più tardi Selvadego fu convocato dal Grizzly. Perentorio, gli disse che non c’era nulla da approfondire sulla morte di Fabris: «No star a perdar tempo e buta zo il necrologio». L’invito ottenne il risultato opposto: era evidente che Migliabecco aveva protestato con il ras dell’Istrice non avendo gradito la curiosità dell’inviato.
Come mai Zambon era scattato sull’attenti di fronte ai malumori del medico? Alvise riprodusse il film delle sue partite a carte. Vi partecipavano solo uomini. Aveva notato un’intesa molto particolare fra il banchiere e il cardiologo: giocavano sempre in coppia. “Ti vol vedar che Fabris xe l’Oliodoro di Migliabecco” pensò, ricordandosi l’appellativo del gigante anziano che si alternava a Migliabecco nel battere le ore.
Si convinse che tra i due era corsa una relazione omosessuale. Come corollario, Alvise sospettò che il pacchetto azionario dell’Istrice stesse per finire nelle mani del medico. Per questo il direttore aveva subito condiviso i desiderata di Cesco Dalla. Il cronista di giudiziaria tornò a spron battuto dal Zambon. Lo aggredì ed ebbe conferma dei suoi sospetti: «Xe vero, Dalla sarà presto uno dei maggiori azionisti dell’Istrice. Quindi lassa perdar le tue ubbie e scrivi che “per Fabris non c’era più nulla da fare malgrado tutti gli sforzi del professor Dalla”. Ti ga capìo? » aveva concluso Zambon.
Selvadego era consapevole che le sue erano illazioni
Selvadego era consapevole che le sue erano illazioni senza conferme concrete. Ebbe un’idea. Il cadavere di Fabris si trovava ancora nella camera mortuaria dell’ospedale. Chiamò il primario di anatomopatologia, Ordelaffo Bisognin, un luminare con cui aveva risolto alcuni importanti casi.
Gli chiese se poteva procedere a un’autopsia del finanziere. Pretesa eccessiva: ci volevano fondati indizi e l’assenso della Procura. «Poiché ho stima del suo fiuto, Selvadego, e go la salma a portata di mano, podarìa però fare in segreto una biopsia, poco invasiva e che quasi non lascia tracce, e quindi una diagnosi istopatologica».
Le analisi svelarono che a Oliodoro, la notte precedente alla morte era stata data una notevole quantità di Digoxin, medicinale che ai deboli di cuore aumenta la forza di contrazione delle fibre miocardiche. In una persona in buona salute l’assunzione di questa molecola, in particolare nel caso di sovradosaggi, provoca forti aritmie e arresto cardiaco.
All’ospedale, Migliabecco disponeva del Digoxin. Su suggerimento dell’amico Selvadego, il commissario di polizia Bastiano Ligabue, uno che sa spremere la verità anche dai mentitori più coriacei, interrogò il medico.
Alla fine lui ammise: «Non amavo più Fabris e pensavo che la sua ricchezza mi spettasse, avendo sacrificato per lui la giovinezza. Mi ha ispirato un “angelo della morte”, un’infermiera americana di cardiologia. Aumentò la mortalità di sei volte somministrando dosi massicce di Digoxin». Migliabecco fu condannato all’ergastolo. Il nipote di Oliodoro conquistò l’eredità. Selvadego rifiutò una sua ricca ricompensa.
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L’autore: Paolo Forcellini
Paolo Forcellini, veneziano, giornalista, ha lavorato per quotidiani e periodici; in particolare è stato per molti anni a capo dei servizi di economia e interni dell’Espresso, per il quale ha curato fra l’altro la rubrica “Riservato”.
Ha pubblicato saggi e manuali su questioni di politica economica e ha poi dato vita a un filone di thriller lagunari che hanno per protagonista il poco politicamente corretto commissario Marco Manente, il vicequestore Bastiano Possamai e soprattutto Alvise Slevadego, non più giovanissimo cronista di giudiziaria del quotidiano locale “L’Istrice”, nella cui redazione veneziana si muove un comunità di giornalisti dai nomi curiosi.
Spicca tra tutte l’unica donna, Gaspara Meravegia detta Gas, con la quale Selvadego finirà per trovarsi a sbrogliare indagini spinose, che finiscono inevitabilmente per arrivare ai “piani alti” della città.
Dopo il successo di “Vipere a San Marco”, pubblicato nel 2021 con Marsilio, Selvadego aveva tutte le carte in regola per diventare un personaggio seriale; e infatti è tornato in “Scommessa mortale” (Marsilio, 2023). Per i nostri lettori, Forcellini lo mette di fronte a un nuovo giallo da risolvere.
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