Vajont ed Emilia Romagna: la fotografia diventa cronaca
Due tragedie: così diverse e lontane nel tempo. Eppure così vicine. Da un lato, il disastro del Vajont. Dall’altro, l’alluvione che ha coinvolto l’Emilia Romagna, lo scorso mese di maggio. E così, in un incontro tra epoche e mondi apparentemente differenti, ecco che le immagini di Giuseppe “Bepi” Zanfron, sulla catastrofe del 1963, si intrecciano con quelle di una giovane fotografa faentina, Nicoletta Valla, mirabile nel ritrarre l’evento calamitoso che ha coinvolto la sua terra.
Grazie a loro, a “Bepi” e a Nicoletta, prende forma la mostra fotografica “Testimoni del tempo – Quando le immagini raccontano la storia” al Centro culturale Parri di Longarone; l’esposizione verrà inaugurata venerdì 13 ottobre (alle 18) e rimarrà aperta fino alla fine del mese.
Con questa iniziativa Assostampa Belluno e Sindacato giornalisti Veneto – in collaborazione con Pro loco e Comune di Longarone e Fondazione Vajont – intendono ricordare, nel sessantesimo anniversario, il disastro del 9 ottobre con i suoi 1.910 morti. Una iniziativa che vuole soprattutto stimolare riflessioni, analisi e confronti su come è cambiato – o è rimasto uguale – il racconto di eventi così drammatici attraverso la lente del fotogiornalismo.
L’esposizione al centro culturale di Longarone sarà quindi l’occasione per rivedere le immagini di Zanfron, il primo fotoreporter a raggiungere i luoghi del Vajont dopo la terribile ondata che ha portato lutti e distruzione. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, di grande impatto emotivo, rispettose e rigorose nel delineare i contorni di un disastro epocale.
Ma la mostra rappresenta anche l’opportunità di conoscere il talento e la sensibilità artistica di Nicoletta Valla, venticinquenne di Faenza, i cui scatti, dopo essere stati pubblicati sul Il Resto del Carlino, hanno dato vita al volume “Quello che abbiamo perduto. Quello che abbiamo salvato”, realizzato insieme allo scrittore e giornalista Maurizio Maggiani.
Oggi come allora, le foto professionali raccontano, indagano, scuotono le coscienze. Oggi come allora, il fotogiornalismo serve “per non dimenticare”.
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