Addio a Bersellini, sergente di ferro scudettato

Aveva 81 anni. Sulla panchina interista vinse il titolo nel 1980, nel suo palmares anche tre Coppe Italia
1979 DFP/LIVERANI ENRICO BERSELLINI EUGENIO PALLEGGIA IN ALLENAMENTO
1979 DFP/LIVERANI ENRICO BERSELLINI EUGENIO PALLEGGIA IN ALLENAMENTO
PRATO. Addio al sergente di ferro. Il calcio italiano piange Eugenio Bersellini, allenatore di un altro calcio che con Oriali, Beccalossi e Altobelli portò l’Inter di Ivanoe Fraizzoli allo scudetto numero 12, nel 1980. «Fu un innovatore in materia di preparazione atletica: il suo più grande insegnamento è che per vincere servono sacrifici», ricorda “Spillo” Altobelli, che a quel sergente di ferro ammette di «dovere tutto». È morto a Prato, dove viveva, a 81 anni, dopo alcuni giorni di ricovero per una polmonite. «Ci lascia un patrimonio imano inestimabile», dice tra le lacrime la figlia Laura «i suoi ragazzi dell’Inter, come li chiamava papà, lo avevano soprannominato “il tigre”. Ma dietro quella maschera da burbero, c’era un uomo dolcissimo».


In quasi quarant’anni di carriera sulle panchine di tante squadre, Bersellini aveva legato il suo nome soprattutto ai successi dell’Inter in un quinquennio a cavallo degli anni ottanta – con lo scudetto anche due Coppe Italia, l’ultima nell’82 prima del congedo – nell’era degli estri di Evaristo e della vita da mediano di Oriali. Particolare non indifferente, la sua Inter fornì cinque giocatori alla nazionale campione del mondo proprio nell’82, e tra loro anche Bergomi. Bersellini lo lanciò in A a 16 anni e un mese, record assoluto nella storia interista, ammettendo che «uno così non l’ho mai allenato». Aveva visto giusto, i baffi e il soprannome di “zio” il difensore avrebbe vinto il mondiale a soli 19 anni. Emiliano di Borgo Val di Taro, dopo la carriera di calciatore conclusa nel’68 al Lecce, Bersellini iniziò nello stesso club quella da tecnico, in Serie C. Il debutto in A giunse con il neopromosso Cesena nel’73, ma la prima «grande» fu appunto l’Inter del presidente Ivanoe Fraizzoli, che lo chiamò nel’77 portandolo via alla Sampdoria. Vi rimase per cinque stagioni e, con giocatori come Gabriele Oriali, Ivano Bordon, Evaristo Beccalossi, Giuseppe Baresi e, appunto, Altobelli, vinse lo scudetto nell’80 e due Coppe Italia, nel’78 e nell’82. In seguito, guidò il Torino, di nuovo la Samp (con cui arrivò la Coppa Italia nell’85) e la Fiorentina, per poi iniziare a girare l’Italia e non solo: nel’99, infatti, si trasferì a Tripoli dove fino al 2001 fu ct della Libia. Quindi, il ritorno in Italia con l’ultima panchina nel 2006 nella formazione ligure della Lavagnese, in serie D.


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