Atletica, il soffio olimpico di Gabriella Dorio: "Los Angeles? Ho gestito la paura, ero forte di testa"

MAROSTICA. “Se non ci fosse stata nonna Erminia, probabilmente non avrei mai corso”. Lo confessa senza tanti giri di parole Gabriella Dorio, 63 anni, padovana di Veggiano (“Ma sono nata ad Arlesega”, puntualizza. “Miracolata a 11 mesi dopo essere stata colpita da una forte gastroenterite e ricoverata in Pediatria a Padova. I genitori mi portarono al Santo per una benedizione e guarii”) e vicentina di adozione (“Quando iniziai le medie, ci trasferimmo a Cavazzale”, oggi risiede a Marostica), campionessa olimpica a Los Angeles 1984 nei 1500 metri di atletica leggera e tuttora primatista italiana sulla stessa distanza (da 38 anni), oltreché detentrice dei record negli 800 (40 anni d'imbattibilità), nei 1000 e nel miglio.
Ma perché mai una nonna diventa fondamentale per far sbocciare una promettentissima 14enne, che – parole di mamma Flora, mancata purtroppo poche settimane fa – “a quell'età non sta bene vada in giro a correre”? “Perché”, è la stessa Gabriella a raccontarlo, “fu lei a convincere il parroco di Cavazzale a fare pressione sui miei (il papà si chiamava Gino, ndr) affinché mi lasciassero praticare lo sport che mi piaceva”. E il prelato disse loro: “Se vostra figlia ha questo dono di Dio...”. Alla fine la mamma cedette”.
Così la piccola Dorio inizia la sua rincorsa verso il podio olimpico, dapprima con la campestre e partecipando alle finali nazionali della specialità, in sostituzione di una ragazzina della Fiamma Zermeneghedo ammalata. “Vado a Castel Fusano, vicino ad Ostia, e taglio per prima il traguardo. Fu il professor Antonio Donà, insegnante di ginnastica dei maschi alle scuole medie di Cavazzale, a scommettere con tutti che potevo farcela. Quando i tecnici mi videro, rimasero scettici. “Ma come – lo apostrofarono – ci hai mandato una ragazzina così piccola e magra (pesavo 37 chili)?”. Lui garantì. Avevo le gambe lunghe e vinsi”.
Poi che successe?
“Che sempre nello stesso anno partecipo ai Giochi della Gioventù a Roma e primeggio nei 1000 metri allo Stadio dei Marmi. Mi sentivo a mio agio quando correvo, e da lì non ho più smesso. E pensare che...”.
Che cosa?
“Quando vinco a Roma, annuncio ai compagni di squadra che in futuro trionferò alle Olimpiadi. E' il mio obiettivo, eppure in molti sorridono, come se l'avessi sparata grossa”.
Come nasce la vocazione per il mezzofondo?
“Per caso. Comincio con le campestri, poi passo ai 1000 metri in pista e proseguo sulla stessa distanza, solo che a livello assoluto si gareggia negli 800 e nei 1500. La Federazione mi segue, convocandomi la prima volta in Nazionale proprio per il doppio giro di pista. E' il 1972, sfidiamo la Francia allo stadio Arcella di Padova. Ho 15 anni e mezzo e sono allenata da mio fratello Sante (il primogenito di sette figli, quattro maschi e tre femmine, di casa Dorio, ndr), che è molto all'avanguardia come tecnico, si fa mandare riviste specializzate dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti e studia molto. Mi porta sino alle prime Olimpiadi, quelle di Montreal '76, dove raggiungo la semifinale degli 800, nel corso della quale stabilisco il record italiano, e la finale dei 1500, dove chiudo sesta. Ho 19 anni. A quel punto Sante mi dice: trovati un altro allenatore, perché puoi andare lontano”.
Veniamo a Los Angeles e ad un trionfo (da lei) annunciato. E' l'edizione del boicottaggio dei Giochi da parte di molti Paesi dell'Est. A 27 anni, mette dietro di sé campionesse della statura di Melinte e Pulca, entrambe romene.
“Mi sento bene, sono pronta per fare una grande Olimpiade. Una “bestia” da gara, le mie sfide sono state sempre contro le avversarie, non contro il tempo. Ero fortissima di testa, mentalmente avevo poche rivali. Certo, la paura c'era, ma sapevo gestirla. Al Coliseum negli 800 sfioro il podio, finendo quarta, mentre la gara dei 1500 è tattica: all'inizio mi spavento perché l'andatura è troppo lenta, e quando agli 800 passiamo in 2'14”07 mi si ferma il cuore. Penso fra me e me: ecco, buttati via 15 anni di allenamenti. Ragiono e prendo l'iniziativa di andare in testa. Gli ultimi due giri li percorro a tutta e vinco. Anche quando la Melinte mi passa ai 200 metri finali, sono serena e tranquilla. “Vai pure”, mi dico, “tanto ho le gambe che stanno bene”. E difatti prima dell'uscita dalla curva finale l'ho già superata. Se avessi voluto, avrei potuto ottenere altri successi importanti, ma non ho alcun rammarico”.
In una carriera così bella s'inserisce la doppia maternità, prima Anna Chiara (oggi 34 enne) e poi Davide (27).
“Oltre al sogno di vincere i Giochi, coltivavo quello di crearmi una famiglia e l'ho realizzato. Se i figli mi hanno seguito nella passione per l'atletica? Sì, lei ha vinto 5 titoli italiani giovanili negli 800 ed ha partecipato ai Mondiali junior di Grosseto (ora lavora per la Fidal come giornalista, ndr), mentre Davide si è aggiudicato 4 titoli italiani giovanili nel salto in alto, ha avuto un paio di convocazioni nelle Nazionali e ha smesso per infortunio, come sua madre, dedicandosi allo studio”.
Oggi Gabriella Dorio è “capitana” delle Nazionali Under 20, un incarico che la gratifica molto.
“L'idea è nata 23 anni fa. Seguo i ragazzi, cerco di dare loro i consigli giusti e prepararli prima della gara a livello motivazionale. E loro mi ascoltano”.
Come può uscire l'atletica da questo periodo buio e, se ne uscirà, nulla sarà davvero uguale a prima?
“E' molto complicato. Siamo ripartiti con le prime gare, dobbiamo stare ben distanziati, il contrario di quello che prevede lo sport, ovvero socializzazione e amicizia. Bisogna stare attenti però, il virus circola sempre, i cambiamenti ci saranno comunque. Le Olimpiadi 2021? Mah, per me è ancora prematuro darle per sicure, con migliaia e migliaia di atleti e di spettatori la vedo dura, il pericolo del contagio è concreto”.
Gabriella Dorio è nata il 27 giugno 1957 ad Arlesega (al confine tra i comuni di Mestrino e Veggiano) e vive a Marostica. Sposata dal 1982 con Carlo Spigarolo, ha due figli, Anna Chiara e Davide. Campionessa olimpica a Los Angeles 1984 nei 1500 metri, ha partecipato ad altre due edizioni dei Giochi, Montreal nel 1976 e Mosca nel 1980. Detiene tuttora i primati italiani all'aperto dei 1500, degli 800, dei 1000 e del miglio. I primi due resistono da ben 38 e 40 anni. Il suo palmares vede, oltre al titolo olimpico, altri quattro ori, due conquistati agli Europei indoor e ai Giochi del Mediterraneo e due ai Mondiali Universitari, più quattro bronzi, ai Mondiali di cross, agli Europei e nella stessa manifestazione a livello juniores, oltreché ai Giochi del Mediterraneo. Si è ritirata dalle competizioni agonistiche nel 1992, poco prima delle Olimpiadi di Barcellona.
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