Confortola ricoverato a Padova«Tornerò presto sulle vette»
L'alpinista superstite della tragedia sul K2: «Qui mi trattano come un re»

E' ricoverato a Padova per curare il congelamento ai piedi Marco Confortola, l'alpinista italiano protagonista della drammatica avventura sul K2.
«Qui all'ospedale di Padova - ha detto Confortola, durante un collegamento in videoconferenza dal suo letto - tutti mi coccolano, mi sento trattato come un re. Sono pronto a tornare in montagna, ma ci vorrà del tempo. Credo che in questi due mesi scriverò un libro su quanto è accaduto sul K2».
«Ho passato momenti che non dimenticherò più - ha raccontato Confortola - Ero in tenda con Jesus, argentino, un amico fraterno, un compagno di lotta, era messo peggio di me, aveva i piedi congelati e un principio di assideramento al braccio. L’ho carezzato, massaggiato, confortato per tutta la notte, contavo di salvarlo. Poi è arrivata la valanga che l’ha spazzato via, lasciandomi miracolosamente illeso. Avevo anche tentato di liberare i tre coreani che erano rimasti appesi con le corde a testa in giù, legati a un seracco, un blocco di ghiaccio alto come una casa. Mi sono drogato di fatica, forse anche questo mi ha fatto congelare i piedi. Poi la valanga, poi la discesa mentre la montagna si chiudeva sempre di più in un vortice di nuvole gelate. Sul K2 non tornerò più: la spedizione era stata preparata con cura, i campi e le corde al punto giusto, ma quella montagna è una bestia feroce».
Confortola parla della montagna come di un’entità viva, pensante, rabbiosa: «Ci tenevo a questa spedizione perché il K2 è per metà della Valfurva con Compagnoni e per metà di Cortina con Lacedelli, sarebbe stato più nostro. Ma è finita male anche se non ho mai smesso di combattere e ho ancora tanto da fare, scalare le montagne è nel mio dna e la prossima primavera conto di fare un altro ottomila».
Confortola è ricoverato nel reparto di chirurgia vascolare del Policlinico di Padova per sottoporsi alle cure del direttore del centro grandi ustionati Bruno Azzena, esperto di chirurgia plastica, e del direttore della clinica di chirurgia vascolare Gianfranco Picchi, esperto nel trattamento chirurgico e clinico dei danni da congelamento.
«Per una serie di circostanze non c’era stata copertura antibiotica - dice Picchi - e c’era già un principio di infezione. Abbiamo provveduto subito. Marco ha già fatto la sua prima seduta in camera iperbarica per la riabilitazione dei tessuti con l’ossigeno a pressione. Dovrà farne una decina. Le dita dei piedi presentano danni di congelamento di secondo e terzo grado. Cioè è stato danneggiato il tessuto molle e in certi casi anche l’osso. Ma questo riguarda la punta delle dita, alcune falangi sono certamente recuperabili, altre no. L’alpinista, comunque, potrà riprendere la sua attività, continuare a coltivare la sua passione».
La terapia in ambiente protetto è vasta: farmaci emoreologici, ossigenoterapia iperbarica, blocchi anestesiologici del simpatico, stimolatori midollari e anche degli interventi chirurgici. Nella terapia sono previste anche procedure di riabilitazione con bagni a zero e a 40 gradi alternati e una stimolazione meccanica progressiva con sabbia, ghiaia e sassi: «Devo recuperare otto chili di muscoli - dice Confortola - in questi mesi di inattività, speriamo che passino presto, dovrò fare molta ginnastica, ma anche scrivere un libro».
Il ricovero di Marco durerà fino a sabato 16 agosto, poi potrà tornare a casa, le terapie successive potranno essere effettuate in regime di day-hospital.
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