Covid: boxe e arti marziali col freno tirato

Penalizzate per il contatto in gara ma pure in allenamento Palestre aperte con limiti, professionisti senza sparring

Roberto Turetta / Padova

Niente sparring o prove tecniche, solo preparazione atletica. Peraltro, in vista di campionati o tornei che difficilmente riprenderanno prima di settembre.

Il mondo degli sport da combattimento, nel Padovano come nel resto d’Italia, soffre molto delle restrizioni imposte dal coronavirus: il contatto pieno, previsto da queste discipline, poco si collima con le distanze di sicurezza imposte dalla legge. E così, nell’attesa di maggiori indicazioni dal Governo e dalle rispettive federazioni, società e palestre s’ingegnano come possono.

«Abbiamo riaperto, ma con accessi contingentati e previo appuntamento -spiega Denis Freo, tecnico della Boxe Piovese e figlio del maestro Gino-. Non abbiamo spazi molto grandi, per cui non entrano più di 5 persone. Prima, invece, ce ne potevano stare una ventina». Le misure di sicurezza hanno rivoluzionato il modo di allenarsi.

«Si fanno sedute distanziate con addominali, stretching, colpi al sacco e il cosiddetto vuoto (si tirano pugni verso lo specchio o un avversario virtuale, utile per gli spostamenti). Ma lo sparring e tanti esercizi da fare a coppie, fondamentali per la parte tecnica, non si possono ancora fare. Per i professionisti, che hanno ricominciato prima perché altrimenti avrebbero perso troppa preparazione, forse faremo fare esercizi a due con mio padre Gino, coperto però con una visiera».

Per la Boxe Piovese si parla di campioni internazionali come Luca Rigoldi e Devis Boschieri, a cui si aggiungono tanti giovani agonisti promettenti, cui lo stop prolungato non fa certo bene. Un’altra soluzione potrebbe essere di allenarsi all’aperto.

«Il problema è che attorno a noi non abbiamo neanche un campo d’erba vicino e l’asfalto comporta sempre dei rischi per le articolazioni» aggiunge Freo. Situazione analoga per l’altra storica società pugilistica patavina, la Padova Ring. «Abbiamo spazi all’aperto, in ogni caso non possiamo fare più di una preparazione di base e un po’ di lavoro al sacco -precisa il tecnico e presidente Massimiliano Sarti, ancora disorientato per la mancanza di linee guida-. Per quel che riguarda i tornei e i campionati, la vedo dura riprendere nelle prossime settimane».

Neppure tra i tesserati di Sarti mancano le promesse, unite a nomi affermati come Davide Festosi e a Akrem Ben Haj Aouina, che si sono viste interrompere bruscamente dal Covid programmi e carriere.

kickboxing, jujitsu e gli altri

Per gli altri sport affini non va meglio. Lo ribadisce Michele Cognolato fondatore e presidente della Fighting School di Casalserugo, in cui si insegnano kickboxing e jujitsu spesso con buoni risultati. «Facciamo allenamenti dimezzati, un’ora appena di addominali, scatti e stretching: manca la parte tecnica perché non può esserci contatto. Mentre le competizioni che stavamo disputando sono state definitivamente annullate: un peccato perché negli anni scorsi, soprattutto nel point fighting (il combattimento a tocco leggero e a punti), avevamo portato parecchi atleti sul podio».

E che dire della Combat Academy di Brugine, fondata e guidata da Simone Palazzin? Si tratta di un’altra fucina locale di talenti che hanno conquistato coppe e medaglie di ogni tipo, nella kickboxing, nel jujitsu ma soprattutto nelle Mma. Tra tutti questi spiccano, nelle arti marziali miste, le due campionesse di caratura mondiale Jasmine Favero e Giulia Chinello. «Ho riaperto solo lunedì 25, ovviamente il lavoro fisico è molto ridotto rispetto a prima -lamenta sconsolato Palazzin-. Ma mi preoccupa soprattutto l’immediato futuro, come e quando riprenderemo con campionati e tornei. Purtroppo le discipline marziali non sembrano essere tenute abbastanza in considerazione in Italia. A cui si aggiunge la possibilità che le federazioni di altri paesi ripartano prima, lasciandoci indietro».

I suoi pensieri vanno ai tanti giovanissimi, allenati da lui e dal suo staff, in lizza per i podi internazionali. Ancora più complicata è per il judo, dove tra prese, proiezioni e lotta a terra il contatto è più che ravvicinato. Diego Lancini, al vertice della Kyoto Judo Kai di Cittadella, lo sa bene: «Facciamo preparazione fisica almeno due volte alla settimana, ma è chiaro che manca una parte fondamentale dell’allenamento. A partire dal 3 giugno ci aspettiamo qualche indicazione e apertura in più, ma l’incertezza regna sovrana. Le federazioni di riferimento pensano di far partire i campionati tra ottobre e novembre, vedremo». Anche tra le sue schiera compaiono agonisti (15 su 80 iscritti) desiderosi di soddisfazione. Dietro agli aspetti atletici, c’è pure il fattore economico. Che, per chi ha scelto come professione quella di allenare pugili e altri combattenti, è diventato una gatta da pelare non da poco. «A regime avevamo una media di 120 iscritti, ci permetteva di vivere -dice ancora Denis Freo - perché, oltre ai professionisti, c’erano un’ottantina di amatori.

E c’era pure un settore giovanile di chi veniva introdotto alla boxe attraverso gli incontri a punti. Se vengono a mancare, ne risente tutto l’ambiente pugilistico». Idem dicasi per le altre discipline del settore. ––

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova