Martina, la barista volante «Olimpiadi 2018, io ci sarò»

PADOVA. Padova scopre il bob grazie a una 21enne "esplosiva" con un passato nell'equitazione e nell'atletica leggera. Si chiama Martina Schiavon, abita con i genitori e i fratelli in quartiere Forcellini, ed è in assoluto la prima padovana a cimentarsi in questa disciplina invernale dura e spettacolare, quanto pericolosa, in cui si può gareggiare solo se maggiorenni oppure con l'autorizzazione scritta dei genitori, dai 16 anni in su. Dopo aver sfiorato la qualificazione ai Giochi olimpici di Sochi 2014, Martina ha deciso di puntare tutto sulle prossime Olimpiadi (A Pyeongchang, in Corea del Sud, nel 2018) e scelto di passare all'impegnativo ruolo di pilota, diventando di fatto l'atleta di punta del bob azzurro al femminile.
Tra bar e piste. Per conoscere da vicino questa atleta determinata e simpatica basta recarsi al "Ma bar" di via Belzoni dove lavora dietro al bancone insieme alla cugina Marcella. «Ho dovuto trovarmi un lavoro perché di bob in Italia certo non si vive», spiega con un mezzo sorriso, «Come per tanti altri sport considerati minori, l'unica possibilità di guadagno è entrare in uno dei gruppi sportivi delle forze armate, tra Polizia, Carabinieri, Esercito, Finanza o Forestale. Ma non è affatto facile vincere il concorso e così per poter frequentare i raduni e sostenere la spese per la preparazione faccio la barista. Inoltre sto prendendo il patentino da istruttore di equitazione, per avere un'alternativa».
Prima di scoprire il bob quasi per caso, nel 2012, Martina Schiavon ha gareggiato per 13 anni a buoni livelli come amazzone nel salto ad ostacoli. E dalla seconda media ha iniziato a competere nell'atletica come velocista, specializzandosi in 100, 200 metri e staffetta con il G.S. Valsugana (ora è tesserata con l'Assindustria Padova).
La folgorazione. Dopo essersi diplomata al liceo sportivo "Gymnasium Patavinum Sport" la folgorazione per il bob è arrivata all'improvviso. «Fatta la maturità ero in vacanza a Riccione quando un'ex pilota della Nazionale mi ha contattato tramite Facebook, avendo notato i miei risultati in atletica», racconta, «Così dopo le vacanze ho raggiunto il centro federale di Novarello e ho fatto subito dei test di spinta sul pistino ghiacciato di Cisana.
Convinti dai miei tempi e dal fatto che non avevo mostrato paura, i tecnici federali mi hanno portato in Germania per la mia prima vera discesa. Non ho capito assolutamente nulla scendendo, ma è stata un’emozione incredibile e all'arrivo ho capito che il bob era lo sport giusto per un’atleta un po' matta come me».
Come mai un test all'estero? Non ci sono piste in Italia? «Attualmente non ci sono piste dove poter gareggiare. Quella storica di Cortina è in totale abbandono, fa tristezza, sembra di essere a Sarajevo. E quella del Sestriere, costruita per le Olimpiadi di Torino 2006, è in disuso da alcuni anni perché è esposta al sole e troppo costosa da mantenere. Per dire, i campionati italiani si disputano a Innsbruck».
Le peripezie. Se la situazione degli impianti italiani è paradossale, particolare è anche la condizione di chi pratica il bob. «Siamo atleti, meccanici e tassisti. Oltre a prepararci in palestra, in pista d'atletica e sui carrelli simulatori, abbiamo sempre con noi la cassetta degli attrezzi per sistemare il bob che pesa circa 200 chili ed è pieno di viti, cavi e leve. E per andare ai raduni o a provare le discese in pista spesso siamo noi a dover guidare il furgone».
E il bob chi lo guida? «Fino allo scorso anno ero la frenatrice, che siede dietro, mentre una mia compagna pilotava. In novembre però ho fatto il corso piloti e da quest'anno sarò io la guidatrice, con Valentina Margaglio come frenatrice, con cui sto sviluppando grande affiatamento. Da guidatore cambia tutto, è il ruolo chiave: sei velocissimo ma vedi l'intera scena, perfino l'allenatore che filma se sai dove si posiziona».
Ti è mai capitato qualche incidente? «A St Moritz in gennaio sono uscita in curva e ci siamo rovesciate a 130 chilometri all'ora, per fortuna senza conseguenze».
Le ambizioni. Dove sogni di arrivare? «Fin da quando avevo 7 anni sogno di partecipare alle Olimpiadi. Potevo andare a Sochi, ci avevano chiamate come ripescate, ma il Coni ha deciso di non portare il bob femminile, ritenendoci troppo giovani e senza i tempi di qualifica. È stata una delusione, però mi ha dato la carica per puntare tutto su questo sport bellissimo. Ho parlato con i tecnici e abbiamo impostato un lavoro quadriennale di alto livello. In Corea, fra tre anni, voglio esserci a tutti i costi».
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