Mauro e Mirco: «Parigi, lavoro e donneLa nostra vita da single»

Nel ritiro di Limena i «fratelloni» della palla ovale si raccontano
Sono i fratelli più famosi del rugby internazionale. Mauro e Mirco Bergamasco, 29 e 25 anni, padovani, hanno trovato la palla ovale nella culla.


Papà Arturo, ex-terza linea del Petrarca e della Nazionale negli anni ’70, li ha svezzati al Selvazzano rugby, poi i due fratelli sono cresciuti con la maglia bianconera addosso. Mauro ha all’attivo 66 presenze con l’Italia (dal’98, e 13 mete segnate), Mirco 53 (dal 2002, 15 mete). Insieme hanno giocato in azzurro 34 volte, comprese le due Coppe del Mondo. Da cinque anni vivono a Parigi, e giocano con lo Stade Francais, squadra vincente (due scudetti) e fucina di nuove strategie di comunicazione. Quella che segue è una chiacchierata con loro ieri mattina all’hotel in cui alloggiano gli Azzurri.


Mauro e Mirco, quanto tempo rimarrete ancora a Parigi?

Mauro
: Nessun programma a lungo termine. Per ora stiamo bene lì. Il mio obiettivo è arrivare ai Mondiali del 2011, intanto. Mirco: Calma, calma. Abbiamo appena firmato per altri tre anni, non c’è fretta. Io poi vorrei allungare la carriera di almeno altre quattro stagioni.


Come vi muovete per Parigi?

Ma
: In macchina, uso una Smart.

Mi
: In realtà è mia. Abbiamo rinunciato all’auto della società per una sponsorizzazione che poi non è arrivata. Così ho comprato la Smart. Poi a me lo Stade ha dato una Scenic, e Mauro si è preso la mia auto. Io continuo a pagare l’assicurazione, almeno lui paga la benzina. E poi io pago il canone della tv, la spesa, e così via. Chiedigli chi paga l’assicurazione sulla casa...


Donne?

Ma
: Le paga Mirco! (ridono). A parte gli scherzi, sono single.

Mi
: Anch’io. Tanti impegni, spesso in giro. Ci vorrebbe una compagna che ti aspetta.


Con tre soci avete aperto a Boulogne Billancourt «On&Off», un negozio di abbigliamento casual e sportivo; e poi comunicazione, immagine, moda e affari. Cos’altro avete in mente?

Ma:
Da maggio abbiamo fondato una società, la M2M che si occupa di gestione di immagine di sportivi professionisti, di contratti sportivi, di cobranding, di sviluppo di audiovisivi. Tanti progetti, e ogni domenica mattina siamo nel negozio, a chiacchierare con i clienti, a fare i commessi.


Da chi nascono tutte queste idee?

Mi
: Lui si crede Bill Gates. Vorrebbe investire su ogni idea, parte a testa bassa. Io son più ragioniere, faccio due conti e lo freno, se mi sembra eccessivo. Spesso mi fa una testa così, mi convince, e ci si butta.


Per voi c’è anche la popolarità. Pesa?

Mi
: No, fa piacere. Essere un esempio per i giovani è fantastico, una sensazione di grande reponsabilità. Ti dà ancora più motivazioni.

Ma
: Non dura per sempre, bisogna coglierla. Noi siamo naturali, e disponibili con tutti, specie i giovani. La spontaneità fa parte comunque della cultura dei rugbisti.


Le richieste più strane?

Mi
: C’è chi non ti saluta nemmeno. Ti fa un cenno, si avvicina e chiede solo “hai qualcosaper me: un adesivo, una firma, una maglietta?”. A questi tifosi rispondo presentandomi e salutando.

Ma
: Sul nostro sito, mbergamasco.it, scrivono chiedendo in regalo la maglia. Indicano la taglia, il colore, l’indirizzo per spedirla. Manca solo che ci chiedano i soldi per pagarla....



Il rugby italiano?

Ma
: Tasto dolente. C’è qualche risultato, ma manca la continuità. Non vedo un campionato di qualità, con il massimo rispetto per i giocatori.

Mi: Io qualche miglioramento lo vedo. Ci son vittorie internazionali in Challenge Cup, e poi i giovani crescono, grazie alle Accademie e agli sforzi dei club.


Dividete lo stesso tetto da otto anni. E avete appena acquistato una casa nella zona di Boulogne. Com’è la convivenza?

Ma
: Si tratta di un grande loft, pensato per due single. Spazio giorno in comune, camere e bagni ben distinti e spaziosi. Io non ho problemi. Finchè Mirco non mette su famiglia... (ride).

Mi
: Guarda che sei tu il più vecchio. Mamma e papà mi chiedono sempre quand’è che ti decidi a mettere la testa a posto e fare figli. Anzi, senti un po’ Mauro, perché non cerchiamo due appartamenti vicini, ma separati, tipo bifamiliare?

 


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