Montrone, di padre in figlio: il Calcio Padova è di famiglia
Angelo fu promosso in Serie A nel 1994 mentre Andrea è nella rosa salita in B quest’anno. Entrambi hanno giocato nelle giovanili biancoscudate: «C’è sempre bisogno di uno di noi per vincere»

Tra i tanti record collezionati dal Padova, ce n'è uno individuale che rappresenta una rarità non solo nel calcio biancoscudato ma in generale in quello mondiale. È il primato della famiglia Montrone, che ha visto papà e figlio conquistare una promozione con la stessa maglia a distanza di 31 anni l’uno dall’altro. Nessuno c'era mai riuscito con il Padova.
Esempi simili nel panorama calcistico sono pochissimi e riportano alla dinastia Maldini nel Milan o agli Zidane al Real Madrid. Nella città del Santo, invece, il capostipite è Angelo Montrone, 57enne originario di Bari ma ormai padovano vero e proprio, da quando ha vestito per la prima volta la maglia biancoscudata nel 1985. Nel 1994 è stato tra i protagonisti dell'ultima promozione in Serie A, giocando da titolare lo spareggio contro il Cesena.
Il figlio minore Andrea, classe 2006, ha fatto tutta la trafila nel vivaio del Padova, da un paio di stagioni è aggregato alla prima squadra, lo scorso anno ha esordito in Serie C contro il Vicenza e in questa stagione, pur giocando solo in Coppa Italia, ha festeggiato assieme alla squadra la promozione in Serie B. «C'è sempre bisogno di un Montrone per vincere a Padova», sorride papà Angelo, che ha seguito in modo costante ma allo stesso tempo molto discreto la crescita del sul suo pargolo. Venerdì era ovviamente sugli spalti di Lumezzane con la famiglia al completo, la moglie Sonia, gli altri due figli Bianca e Matteo, e Nicole, la fidanzata di Andrea, l'attaccante che mister Andreoletti ha portato quasi sempre in panchina in questa stagione.
«Ho rivissuto le stesse immagini e le stesse sensazioni di 31 anni fa, quando vincemmo lo spareggio di Cremona. Tutto incredibilmente simile, la gioia in trasferta con la festa sul terreno di gioco. Il ritorno a Padova di corsa, il pullman che si fa largo tra la folla nelle piazze e l'approdo finale in una Prato della Valle colma di gente. Non si vedevano così tanti tifosi scendere per le strade a festeggiare i biancoscudati proprio da quel giorno del 1994. Non sono riuscito a trattenere le lacrime di commozione. L'avevo detto anche ad Andrea, goditi ogni momento di questa giornata perché sarà unico e lo ricorderai per sempre. Il giorno dopo mi ha risposto: “avevi ragione papà”».
Proprio come ai tempi di Angelo, questa promozione è stata attesa per anni e sofferta fino all'ultimo secondo. «Sì, è vero, ma allo stesso tempo sono sempre stato convinto che questa squadra ce l'avrebbe fatta, fin dal primo giorno. E l'artefice principale è stato un allenatore bravissimo come Andreoletti, che ha dato un'impronta chiara alla squadra e una preparazione specifica ad ogni giocatore. Bravo lui e brava la società che l'ha scelto e dopo la stagione scorsa ha deciso di confermare il gruppo aggiungendo solo due tasselli come Spagnoli e Fortin. Proprio come ai miei tempi, quando la squadra con pochissimi acquisti è cresciuta di anno in anno».
Dopo il pareggio contro l'Atalanta, però, sembrava tutto perso. E riaffioravano gli incubi delle beffe subite nei primi anni '90. «Ho fatto il viaggio di ritorno da Caravaggio senza pronunciare una parola. Ero sconfortato, non potevo credere che un'annata del genere finisse così. Ma a darmi coraggio è stato proprio Andrea. Non c'è stato un giorno in cui non sia tornato a casa con la convezioni che questo gruppo ce l'avrebbe fatta. Anche la settimana dopo il sorpasso del Vicenza era sicuro di vincere, ci diceva che il mister aveva caricato la squadra nel modo giusto». Che voto farà la famiglia Montrone per la promozione? «Siamo molto devoti e siamo stati alla Basilica del Santo».
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