Padova, Rossettini diventa mister «Ho entusiasmo»

Stefano Edel / PADOVA.
Luca Rossettini, lunedì ha iniziato la sua nuova avventura da allenatore dell'Under 17 del Padova. Era proprio necessario staccare ora la spina dal calcio giocato?
«A 36 anni iniziavo a farmi domande. Nella mia testa coltivavo l'idea di continuare un'altra stagione, forse due, però le cose vanno in un'altra maniera, nessuna società si è fatta viva, e quando ci siamo sentiti a metà luglio con Sogliano e mi è stata prospettata questa possibilità, un tarlo mi è entrato nel cervello. Poi con la società siamo giunti alla conclusione che la soluzione e il momento fossero giusti per tutti».
Tecnico a livello di settore giovanile. Contento?
«E' quello che avrei voluto fare, una volta smesso di giocare. La vivo come una chance che mi è stata data, pienamente condivisa: pronti, via e dopo un'avventura ne comincia un'altra. Con entusiasmo».
Nel suo congedo sui social parla di una scommessa con il calcio iniziata 18 anni fa. Perché definirla tale?
«Perché era cominciata così. Entrai nel settore giovanile del Padova quando Scantamburlo (uno dei grandi scopritori di talenti del club biancoscudato, ndr) mi prese dall'Arcella. Ero bravetto, dicevano, ma io volevo migliorarmi».
Vocazione da difensore sin da allora?
«No, nella squadra a sette facevo l'attaccante, poi nel Padova fui utilizzato come centrocampista, sino a quando Ulivieri nel 2004 mi spostò in difesa».
Il ricordo più bello?
«Ce ne sono tanti, ma quello a cui sono legato maggiormente è l'esordio in Serie A con la maglia del Siena, contro il Milan: 15 settembre 2007, finì 1-1».
Dove, invece, ha raccolto amarezze o delusioni?
«Ci sono state stagioni più positive e altre meno, ho vissuto pure delle retrocessioni. Ma un evento che mi ha perseguitato tanto è stato l'infortunio al ginocchio sinistro, con rottura del crociato, il 14 dicembre 2008, in Palermo-Siena. Anche se mi ha fatto crescere».
C'è anche stata la convocazione in Nazionale...
«Certo. Una chiamata giunta a sorpresa in un'annata difficile, ero a Cagliari, dove alla fine retrocedemmo. Unico rimpianto quello di non essere sceso in campo contro l'Albania, ma la maglietta azzurra ce l'ho a casa, ben custodita».
Quanto le è dispiaciuto aver chiuso la carriera senza aver fatto il regalo che si era ripromesso alla sua città?
«Un dispiacere immenso, che proverò per sempre. Spero di poter inseguire ancora quel sogno sotto altre vesti».
Parliamo del suo impatto con i ragazzi dell'Under 17.
«Positivo e sereno, meglio di quanto mi aspettassi. C'è tantissima responsabilità in questo ruolo. Riparto con le stesse prospettive di far bene come quando iniziai da ragazzino. Vedremo che allenatore sarò, mi affascina il fatto di poter coniugare la passione ed il lavoro con l'aspetto educativo».
Ad ottobre diventerà padre di un quarto figlio. Con Valentina avete deciso di tornare a vivere a Padova, lasciando Chiavari.
«Abiteremo nella zona di Noventa, anche se ad un certo punto avevamo pensato di stabilirci definitivamente a Chiavari, dove mia moglie è stata 4 anni. Adesso con l'arrivo di Sebastiano, il secondo maschio (il primogenito è Davide, 10 anni, poi ci sono Sofia, 8, e Caterina, 1 e mezzo, ndr), abbiamo bisogno di ritrovare casa vicino alle nostre famiglie».
Seguirà il Padova?
«Certo. Anzi, presto sarò alla Guizza per salutare gli ex compagni». —
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