«Punto al mio primo Luxardo»
Aldo Montano in redazione parla del nonno, della fidanzata e di Marco Marin

L’AUTOGRAFO AL MATTINO. Aldo Montano 0586: così si firma il campione livornese. 0586 è infatti il prefisso telefonico di Livorno
PADOVA.
A 32 anni, e con un titolo di campione olimpico (Atene 2004) a consacrarlo di diritto tra i grandi dello sport italiano, Aldo Montano entra oggi in scena nel 54º Trofeo Luxardo, prova di Coppa del Mondo di sciabola. Ieri ha fatto visita al nostro giornale, parlando a tutto tondo di sè, passato, presente e futuro.
Nel 2012 ci sono le Olimpiadi di Londra. Che facciamo?
«Intanto, bisogna qualificarsi. Da marzo in poi si lotterà con questo obiettivo. Io vado avanti finchè ho la voglia e le motivazioni a spingermi. Certo, potrebbe essere lì il capolinea della mia carriera, ma molto dipenderà, per proseguire, da come e se sarò ancora competitivo. Ai Giochi del 2016 avrò 37 anni, magari ci si può arrivare...».
La vostra è una grande famiglia di schermidori livornesi: papà Mario Aldo, il nonno Aldo, ma anche tre cugini di suo padre hanno partecipato a precedenti edizioni delle Olimpiadi. Da chi ha preso?
«Mio nonno, senza dubbio. Sono diverso dal babbo: lui era un omone di 100 e passa chili, abituato ad attaccare, io preferisco stare in difesa, aspettare. Quando papà era alle ultime sue gare, nel 1980/81, ero ancora piccolo. E pensare che a 12-13 volevo cambiare addirittura disciplina...».
Quale?
«Il calcio. Sono parente di Armando Picchi, era cugino di mio nonno, un'icona sportiva per tutti noi».
Che rapporto ha con Padova?
«Bello. Sono stato qui parecchie volte e inoltre ho un legame particolare con Marin. Marco per poco non si era "sbucciato" (confrontato, ndr) con mio padre, e nel '95 ero in Nazionale con lui a Sofia, la mia prima gara di Coppa del Mondo. Dormivamo nella stessa camera d'albergo, e io tutto timidino guardavo questo campione che indossava una vestaglia di seta e mi sembrava molto vecchio, con quello che aveva già vinto alle Olimpiadi. Ma era un grande...».
Il
palmarès
che sbandiera è fatto di tanti successi e trionfi, ma anche di qualche passaggio a vuoto.
«No, dài, non è così. L'unica c....ta l'ho fatta a Torino, nel 2006, però una stagione negativa su dieci ci può stare. Quindi il grave infortunio al bicipite femorale, con infiammazione del nervo sciatico: ho penato tanto».
Si rimprovera qualcosa per non essere rimasto di più al top della sciabola come avrebbe voluto e potuto?
«Sì, di non aver creduto maggiormente in me stesso, alle volte mi sono demoralizzato e mi smonto facilmente. E' come se avessi paura di riconfermarmi dopo una vittoria o un grande risultato».
Cosa farà dopo la scherma?
«Non lo so, ma lunedì sarò a Roma per seguire un corso di management sportivo, organizzato dal Coni e dalla Luiss. Non mi dispiacerebbe un incarico di manager dello sport».
Veniamo al Luxardo. Un terzo posto nell'albo d'oro della manifestazione padovana, ma mai sul gradino più alto del podio. Che sia la volta buona?
«Speriamo, stasera (ieri, ndr) mi compro la giuria (e ride). Franco (Luxardo) ci terrebbe tanto, ma non riesco ad accontentarlo. Mi auguro di disputare una bella gara, qui siamo al massimo, è come un master Atp del tennis».
Ci sarà Antonella (Mosetti), la sua fidanzata, a seguirla?
«No, no, alle gare le donne non ce le voglio. Sapeste come stressano...».
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