«Quella volta che Borg si ubriacò per poi battermi il giorno dopo»

Adriano Panatta ha ricevuto il premio letterario e raccontato divertenti aneddoti Rivolto al sindaco Giordani: «Devo aver fatto tutta la Ztl, non mi mandi la multa»



Dopo il campo da tennis, dove infilava gli avversari a suon di passanti, Adriano Panatta regala colpi da campione anche in libreria. E' lui il vincitore della sesta edizione del premio letterario sportivo Memo Geremia, con il libro "Il tennis è musica" (Sperling&Kupfer ed.) in cui il più grande interprete italiano di questo sport ha racchiuso, intrecciandole con gusto e buona vena narrativa, le sfide leggendarie, le sconfitte brucianti, i colpi impossibili, i mille aneddoti dentro e fuori dal campo, vissute da lui e da tante altre leggende della racchetta.

Nella sontuosa aula magna dell'università di Padova, la premiazione ha radunato un parterre di grandi campioni, di giornalisti e di scrittori, che lo sport lo vivono come un'espressione culturale, come un insieme di insegnamenti e valori da trasmettere alle nuove generazioni, perché aiutano piccoli e grandi a crescere, a credere in se stessi, a superare i propri limiti.

Quando lo chiamano sul palco a ritirare il premio intitolato ad un grande uomo di sport come Geremia, sullo schermo dietro il palco scorrono le immagini della leggendaria Coppa Davis vinta dalla sua Italia e tanti altri momenti topici della sua carriera come la vittoria del Roland Garros nel 1976 che gli fece raggiungere il quarto posto del ranking mondiale.

Proprio domani un italiano, Matteo Berrettini, debutterà nelle Atp Series riservati ai migliori otto tennisti del mondo. All'epoca di Panatta invece a guidare la classifica dei migliori tennisti dell'epoca c’era un mostro sacro come Bjorn Borg.

«Era sovraumano, per me uno degli atleti fisicamente più forti della storia di tutto lo sport», ha detto, prima di addentrarsi in aneddoti succosi. «Bere con Borg, ma sei matto? Poteva bere quantità assurde e presentarsi in campo il giorno dopo fresco come una rosa, non ho mai visto nulla di simile», ha raccontato, «eravamo a Marbella, il giorno prima della finale che avremmo giocato contro. Alla sera siamo stati portati in un locale dove Bjorn ha iniziato a bere una vodka dietro l’altra. Ne avrà bevute trenta almeno, giuro. Alla fine l’ho portato fuori caricandomelo a peso morto sulla schiena, e poi l’ho scaricato ubriaco fradicio nel suo letto in albergo. Andando via gli ho dato una pacca sulla spalla ridacchiando, perché messo così non avrei avuto problemi a batterlo. Il giorno dopo, alle 14.30, con 40 gradi, mi dà 6-2 6-2. Altro che sbornia, il mal di testa l’ha fatto venire a me. Un alieno».

«Non sono uno scrittore, io racconto», ha poi spiegato, «In questo libro ci sono cinquant’anni di tennis, con tante storie speciali, umane e sportive, aneddoti e retroscena di uno sport che è da sempre considerato un po’ maledetto. Nel tennis una partita può non finire mai: anche se sei sotto di due set e l’altro è avanti 5-0 al terzo puoi sempre ribaltare tutto, la componente psicologica conta a volte più di quella tecnica e fisico-atletica. E’ stata una sorpresa per me, scoprirmi narratore. Avevo già scritto due libri, uno con il grande Paolo Villaggio ed un altro autobiografico. Ricevere un premio così importante è un onore».

Tra sport e letteratura, c'è stato spazio anche un siparietto sulle contravvenzioni con il sindaco di Padova Giordani: «Volevo salutare le istituzioni cittadina e scusarmi in anticipo con il sindaco di Padova, perché mi sa che ho fatto tutta la Ztl in macchina perdendomi qui in centro. Mi raccomando non mandatemi la multa». —



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