Quella volta che scartò tutti e fece finta di farsi autogol

Stefano Edel / PADOVA

Gianni Mura, un maestro di giornalismo, che ci ha lasciato pochi giorni fa, scrisse di lui nella prefazione al libro «Una vita fuori gioco» (Rizzoli, 2004 – pag. 145): «Ancora oggi non gli piace essere definito un ex calciatore. E' stato solo un periodo della sua vita scorticata; s'è divertito, ha fatto divertire i suoi tifosi (gli allenatori molto meno). Se le carte d'identità consentissero queste licenze, sulla sua voce professione dovrebbe essere scritto: sopravvivente. Non ha fatto altro, in pratica. Sopravvivere a un'infanzia molto triste, in un collegio da poveri, e poi al mondo del calcio, che già ai suoi tempi mandava lampi dorati. L'oro tendeva a cadere su chi accettava le regole, su chi era un buon professionista. Non su Vendrame, quindi».

Già, le regole. Se ne infischiava o le interpretava come voleva, e, se non andava bene così, che gli altri se ne facessero una ragione, mica lui.

LA LEZIONE ALL'UNIVERSITA'

Ezio Vendrame era l'anticonformista per eccellenza. Ribelle, trasgressivo, alle volte esagerato, ma animato da un fortissimo anelito: la voglia di libertà, di fare a modo proprio, di essere autentico sino in fondo. Ma quanti aneddoti e frasi memorabili ci ha regalato, prima da giocatore, poi da allenatore e infine da scrittore! Memorabile la sua “lezione” nell'aula Ippolito Nievo del Bo, Università di Padova, il 5 ottobre 2013. Un'ora davanti ad un uditorio composito, non necessariamente tutto amante del calcio. Tema conduttore dell'incontro: i molti campi della creatività, rispondendo alla domanda “Cos'è la fantasia?”. Sottotitolo: “L'estro di Ezio Vendrame”. Per il “mattino” era presente Furio Stella, inviato dalla redazione sportiva e penna sopraffina. Che cos'è, dunque, la fantasia? Vendrame replicò così: «E' l'istinto quando non lo freni e gli dai lo spazio per volare. Non è una cosa che la inventi: ce l'hai dentro e basta». Una frase che sintetizza la sua vita, quasi sempre ai limiti, ma segnata da gesti incredibili, audaci e fuori registro.

SENZA LIMITI

Protagonista all'eccesso lo era stato sul campo. Come quella volta all'Appiani contro la Cremonese, quando, palla al piede, tornò verso la sua porta e sulla linea bianca fermò il pallone saltandogli sopra e portando la mano alla fronte, come per sollecitare i compagni a scuotersi e a farsi vedere. Non fu autogol, ma un tifoso biancoscudato morì d'infarto. «Era malato di cuore», commentò Ezio quando glielo riferirono a fine gara. «Probabilmente venendo a vedermi, si voleva suicidare...». O quando ai tifosi dell'Udinese - erano calati in 15.000 - sempre nello stadio padovano, urlò, andando a calciare dal corner: «Adesso vi faccio gol, vi faccio gol», soffiandosi prima il naso con la bandierina. E segnò per davvero, scrivendo il 3-2 per la squadra di casa (con una doppietta). E ancora quando a Milano, piuttosto che tirare in porta, fece un tunnel a Rivera scagliando poi il pallone in fallo laterale (“Ma gli chiesi scusa...”, confessò). A Vicenza arrivò sino alla linea di porta avversaria, dopo aver dribblato tutti, portiere compreso, e dato che il presidente dei biancorossi, Giussy Farina, non gli aveva ancora rinnovato il contratto, danzò con la sfera tra i piedi, guardò il patron, che era in panchina, attese un suo cenno affermativo, come a dire «Va bene, firmiamo», e alla fine la buttò dentro per un sofferto 1-1 con il Verona. E a Napoli, quando l'allenatore Vinicio lo escluse dai titolari, per un dribbling e una parola di troppo? Gli rispose così, a muso duro: «Se mi mandi in tribuna godo!», frase diventata il titolo di un altro libro su se stesso. Tentarono anche di corromperlo, ma non ci riuscirono. Proprio in quell'incontro con l'Udinese di cui abbiamo riferito, gli offrirono 7 milioni di lire (tanti) per favorire la vittoria dei friulani. Si arrabbiò sul terreno di gioco e alla fine prese il premio-partita di 44 mila lire dalla sua società. E a proposito del vecchio stadio di via Carducci dichiarò: «Nonostante mi fossi incatenato per non farlo chiudere, l'Appiani ha chiuso al Padova... Scomparso». Il calcio per cui aveva provato amore e odio, però, non gli piaceva più. E il suo pensiero era diventato profetico: «Brutto? No, è molto peggio di quel che sembra. Oggi, al di là del fattore soldi, non esiste niente. Se il calcio potesse vomitare, si vomiterebbe addosso». Aveva ragione. —

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