Santiago e Lucila: l’amore sbocciato sottorete

VIGONZA. «Ti va di assaggiarlo? Da noi si usa così». A casa di Santiago Orduna e Lucila De Luca non si beve the ma un infuso leggermente più aromatico, il mate, tipico della loro terra. «Si beve caldo facendo passare la “bombilla”, cioè la cannuccia, fra i presenti» spiegano dal loro appartamento, nel residence di Vigonza che li ospita. Qui hanno ricostruito la loro fetta di Argentina, «anche se», confessa lei, «succede più spesso che mi manchi l’Italia quando torno lì, che non viceversa». Dire che sono la coppia d’oro del volley è sin troppo scontato. Marito e moglie, entrambi di Buenos Aires. Lui è il talentuoso palleggiatore della Tonazzo, ai vertici del campionato di A/2, lei il libero dell’Old England Vispa, che si sta ben comportando in B/2. «Ci trasferiamo sempre in coppia e, ovviamente, è lui quello che si accorda per primo con un nuovo club, poi io lo seguo. In un certo senso devo confermare il mio amore ogni anno» sorride Lucila. Bella storia, la loro. Trent’anni lui, 29 lei, si conoscono da quando erano ragazzini. «A me lui piaceva, ma non mi salutava neanche. Solo più tardi mi ha confessato che anch’io gli piacevo» racconta lei. Poi, una decina di anni fa, la squadra di Santiago si trova a giocare nello stesso palazzetto di quella di Lucila e lui si fa coraggio e la invita al cinema. «Davano un film talmente brutto che siamo usciti dalla sala prima della fine, ma è stato meglio così». Da lì è nata la loro storia, proseguita per un paio di stagioni in Spagna, dove Orduna ha conquistato anche uno scudetto, e passata attraverso Catania, Città di Castello, Reggio Emilia e, infine, Padova. «Dove finalmente Santiago ha trovato la squadra che fa per lui, con schiacciatori ideali per la palla veloce che sa alzare» sottolinea la bella Lucila. «È la Belen del volley. L’hanno chiamata anche così, quando eravamo a Reggio e lei, oltre a giocare, conduceva un programma di pallavolo in una tivù locale» se la coccola lui. Oggi studiano entrambi, frequentando i corsi universitari di Buenos Aires per corrispondenza, lei per diventare doganalista («mi piacerebbe lavorare come consulente aziendale»), lui commercialista («ma non mi dispiacerebbe restare nella pallavolo, come ha fatto mio padre, che ora allena la nazionale femminile argentina» spiega Orduna). Gli esami li danno nei mesi di sosta del campionato. «Peccato che andiamo via quando qui è estate e arriviamo lì che è inverno». A Padova, lui fa il giocatore a tempo pieno, lei lavora anche come hostess. «Ma a parlare di volley è soprattutto lei, che ne discuterebbe sempre» precisa lui. Oltre alla pallavolo c’è il cinema, al mercoledì. Oppure un giro in centro, come conferma Santiago: «In Italia, per la prima volta siamo in una città che offre tutto. Purtroppo anche l’Ikea: Lucila, lì, ci passerebbe le giornate».
Diego Zilio
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