Sotto il Salone, tra speranze e perplessità sul futuro del Calcio Padova

Viaggio tra i tifosi nel cuore della città: «A gennaio la squadra è andata male», «Andreoletti saprà come fare»

Leandro Barsotti
La maglia del Padova alla Folperia
La maglia del Padova alla Folperia

«Chi mangia e beve Sotto il Salone non può accettare il disgustoso “Stadio Euganeo”».

È scritto sulla pietra, è qualcosa che proprio non va giù. Gli ultras, la pancia della tifoseria del Padova, quelli che Sotto il Salone lo venerano come ombelico della città, lo hanno scritto sui social, urlato, ripetuto ad ogni spritz: lo stadio non ci porterà nulla.

Dice Devis Benvegnù, al banco del bar Romeo: «Io sono qui da più di vent’anni, ma questa volta non sento tante discussioni sul calcio Padova. Fino a qualche anno fa la mattina era tutto un discutere, leggevano il mattino e discutevano. Adesso mi sembra che ci sia meno passione per il calcio Padova».

Devis Benvegnù
Devis Benvegnù

Ma parlando con chi passa di qui, Sotto il Salone, nel cuore della città, più che meno passione pare ci sia meno voglia di immaginare un futuro. Il calcio Padova sta lì in un posto del cuore protetto, il Padova è sacro, ma questo momento storico è strano.

Passare in un mese da dieci punti di vantaggio sull’inseguitrice Vicenza a tre, ti fa girare i maroni. Perché proprio il Vicenza non ci va giù. Da anni.

Era il 1962 quando Tino Bignozzi, vignettista dell’epoca, disegnò alla vigilia del derby con il Vicenza una gallina padovana che spingeva una carriola con le ruote chiodate addosso a un gatto vicentino spaventato. La locandina la stampò e la appese Sotto il Salone.

La gallina del Padova, con una carriola dalla ruota dentata, va all'attacco del gatto vicentino: è la vignetta di Tito Bignozzi per un derby di calcio del 1962
La gallina del Padova, con una carriola dalla ruota dentata, va all'attacco del gatto vicentino: è la vignetta di Tito Bignozzi per un derby di calcio del 1962

Perché questo era il cuore di Padova. Qui si veniva a comprare da mangiare la mattina, a chiacchierare delle notizie del giorno prima a mezzogiorno, e a immaginare il futuro con lo spritz della sera. Qui si intonavano i cori con i calici al cielo, qui c’era l’anima della città.

«Sono anni che ci illudiamo, adesso non possiamo più sbagliare», dice il macellaio Paolo Martin, diventato volto noto tra i tifosi padovani perché testimonial della casacca Macron della scorsa stagione: «Il mese di gennaio per il Padova è sempre stato un disastro, mi viene male a pensare che la sfortuna non sia finalmente finita».

Paolo Martin
Paolo Martin

Otto punti in cinque partite, in gennaio (compreso il primo febbraio) sono il magro bottino del Padova di mister Andreoletti che qui Sotto il Salone ci passa la mattina presto, quando va a correre, ci passa bardato di berretto e tuta e nessuno lo riconosce, ma lui scoprie i luoghi simbolici di Padova, quelli che fecero affascinare un altro allenatore amato in città come lui, un certo Nereo Rocco.

«Mi piace Andreoletti, sono sicuro che darà forza alla squadra con il suo modo di fare, è un allenatore giovane, è bravo, bisogna avere fiducia in lui, era tanto tempo che non passava un mister così bravo da queste parti», dice Lucio Zulian, della macelleria Borsetto.

Lucio Zulian
Lucio Zulian

Poco più in là c’è un cane bassotto che sta in piedi sulle zampe posteriori a chiedere per favore un pezzetto di carne. Il suo padrone sorride e dice di mettere un like alla sua pagina Instagram, Mafalda Basset.

E’ strano il Sotto il Salone di venerdì: c’è poco movimento il pomeriggio, riprende la sera per gli aperitivi e il take away di qualità.

E tuttavia non è il venerdì il giorno migliore. Perché in questa città si va a giorni: la domenica dovrebbe essere quella del Padova, si gioca alle 15, ma in tanti non vanno più allo stadio Euganeo perché è brutto. Anzi, fa schifo, dicono.

Davide Fenzi
Davide Fenzi

Al bar Dai Rosti, dove tanti ultras si incontrano la sera, c’è il pensionato Fabio Pedron che ti spiega la cosa con parole semplici: «Ho lavorato a Venezia, e lì c’è un amore per la squadra e per lo stadio Penzo che credo sia simile a Vicenza. Qui da noi non c’è questo sentimento forte di attaccamento. E forse è proprio lo stadio che non crea un legame profondo». Poi ci mettiamo a parlare di altro, di paesi stranieri e usanze che trovi, di giovinezza e di serie A.

Però girando Sotto il Salone questa cosa dello stadio Euganeo brutto e cattivo, la trovi sempre. Davide Fenzi, per dire, anche lui barista, ti spiega che i tifosi allo stadio non ci vogliono andare perché si sentono presi in giro: «È brutto lo stadio, sono lunghissimi i tempi di realizzazione della curva, e poi è pure brutta», dice. «La loro protesta la capisco, non ci si può rassegnare a tutto. E se i tempi si allungano ancora, allora si protesterà ancora. Ma poi, a pensarci bene, la società vuole veramente andare in B?». Oddio, rispondo, mi pare strano che un finanziere straniero metta i suoi soldi in una squadra senza desiderare che salga di categoria e quindi aumenti di valore.

Il punto è che qui Sotto il Salone le cose cambiano velocemente, e la gente se lo ricorda. Ci sono ancora le foto di Nereo Rocco che portava la squadra in piazza dei Signori a sfilare, come segno di responsabilità verso la città. E poi ci sono le realtà di adesso: la carne o il pesce crudo take away, a cambiare la logica di un mercato che viveva di risorse mattutine.

La frutta e la verdura che erano un business, e che adesso viene ceduta ai pachistani. Le luci della sera che baciano mattonelle battute il sabato sera, un po’ meno durante la settimana, perché questa è la logica del turismo di vicinanza, vengo in centro la sera a bere una cosa. Come dire, vengo allo stadio con il caldo se la squadra lotta per vincere.

«Non c’è più attaccamento al di là di ciò che accade, c’è solo vicinanza appassionata se si tratta di vincere», mi sussurra un tizio con la barba dietro la sua birra. Perché Padova è un po’ il mondo e un po’ niente. Se vinci vengono tutti a tifare per te con il cappellino biancoscudato e la maglietta, ma se non vinci non sei interessante, e nessuna si ricorda chi sei. Non ci resta che vincere, allora. Subito. Domani.

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