Spareggi di giugnoQuando Sant’Antonio ci mette una mano
Il 10 giugno in trionfo a Firenze. Il ritorno in serie A? Era il 15

Sant’Antonio ora pro nobis. Non dimenticarti dei padovani, i tuoi figli più devoti. Adesso che stanno per giocarsi una finale, proprio a ridosso della tua festa, intercedi per loro. In cambio faranno come Nunziata, Longhi e Galderisi in quella vecchia foto, fradici e gaudiosi, in cui tengono in mano la tua statuetta, anzi non la tengono: la mostrano, la ostentano, la agitano come una reliquia nel giorno della tua sacra processione fuori dalla Basilica.
Lo sai perché sono così felici? Perché hanno appena vinto il loro secondo spareggio consecutivo, ai rigori contro il Genoa, e sono rimasti in serie A. E’ il 10 giugno 1995, tre giorni prima della tua festa. Sono felici loro e sono felici i diecimila tuoi figli devoti calati con loro allo stadio Franchi di Firenze. La tua statuetta l’avevano portata con loro in trasferta e sistemata davanti alla curva Ferrovia, a metà tra le barriere di plexiglass e la porta. Quella porta che il genoano Galante manco vide sparando il suo rigore ai piccioni. E dove invece Kreek, olandese e dunque protestante (ma di nome Michele come l’arcangelo) segnò per il Padova il rigore decisivo. Pensa: dopo 14 anni i padovani sono ancora convinti che sull’uno e l’altro, parliamo dei rigori, anche tu ci abbia messo del tuo, allungando la manina miracolosa.
E mica solo quella volta. Vogliamo parlare di quell’altro spareggio giocato l’anno prima, stavolta solo due giorni dopo il 13 giugno? Giorno 15, anno 1994. Qui il cielo non è quello di Firenze, ma di Cremona, stadio Zini. Cielo comunque sempre biancorosso. Il Padova batte il Cesena 2-1 e torna in A dopo 32 anni. «Grazie Sant’Antonio», cantano i padovani, che allo stadio portano anche uno stendardo (lo portò con se il supertifoso Ariosto Santi) con te che ti si vede tenere in braccio il bambin Gesù. Esagerati? Forse. Ammetterai però che tornare in A dopo 32 anni è già un miracolo di per sé. Mettici poi che i due gol li segnano uno Cuicchi, il difensore soprannominato «Poldo» perché si mangiava sempre i panini come l’amico di Braccio di Ferro, di destro in rovesciata che neanche Cristiano Ronaldo; e l’altro Coppola, il romano de Roma che in tutto il campionato non aveva fatto un gol, uno, nemmeno a pregarlo in ginocchio; mettici questo e dicci: se non è stato anche merito tuo, di chi allora?
Certo, c’è stata anche una volta che ai padovani hai tirato un’incredibile sola. Nel 1980, quando lo spareggio Padova-Trento per andare in C/1 lo giocarono a Verona, proprio nel giorno esatto della tua ricorrenza. Risultato: Trento promosso e i tuoi figli in lacrime, Pillon, Pezzato, Idini e anche il povero portiere Gandolfi, quello che l’allenatore Mammi spedì in campo solo per parare i rigori. Di cinque, non ne prese uno.
Di sicuro non eri presente neanche a Lucca il 16 giugno 1991, quando il Padova finì la sua corsa verso la serie A sbattendo il muso all’ultimo minuto contro Simonetta e la sua Lucchese. C’eri invece un altro 16 giugno, quello del 1985 quando il Padova si salvò a Taranto all’ultima giornata: di sicuro non è stata colpa tua se i padovani, da lì a pochi giorni, furono retrocessi per illecito sportivo. O il 12 giugno del 1955 all’Appiani, quando il Padova di «Paron» Nereo Rocco, un altro che in città dicono abbia fatto miracoli, batté il Legnano 3-0 conquistando la A e inaugurando il periodo d’oro dei suoi cent’anni di storia.
Insomma, Sant’Antonio, vedi tu. Il Padova gioca il 14, il giorno dopo la tua festa, e poi il 21. Intercedi per lui. Te lo chiedono i tuoi devoti figli. Fallo anche per il loro capitano, che si chiama Vasco Faìsca. Sai, è portoghese come te.
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