Il ministro Fontana: priorità all’autonomia, Zaia e Stefani al mio fianco

Crisi di governo, il veronese è anche commissario della Lega Veneta: anche al Sud capiscono le la riforma delle competenze differenziate sarà occasione di riscatto per l’intero Paese  

PADOVA. Ministro degli Affari europei, vice di Matteo Salvini, commissario del partito veneto. È uno e trino, Lorenzo Fontana, il veronese che agisce ad un “battito del cuore” da Matteo Salvini: un sodalizio, quello con il Capitano, cementato al Parlamento europeo, nella fase più critica della Lega, terremotata dallo “scandalo dei diamanti” che l’aveva relegata ad un misero 4, 08%.

Correva il 2013, sembra trascorso un secolo. Sulla strategia immediata, dopo il brusco addio al Governo Conte e agli alleati a 5 Stelle, Fontana sceglie il riserbo («La linea politica compete al segretario che gode del nostro sostegno totale») ma accetta di commentare alcuni temi di spiccato interesse veneto.

Ministro Fontana, c’è chi ha letto nello strappo salviniano il prevalere dei falchi lombardi, leggi l’ala industrialista capitanata da Giancarlo Giorgetti, rispetto alle colombe di Luca Zaia, favorevoli ad una trattativa ad oltranza sul versante dell’autonomia.

«Non è così. La decisione di porre fine a questa esperienza è stata condivisa da tutto il partito, senza divergenze né obiezioni. Lo dimostrano le dichiarazioni immediate dei nostri governatori, da Zaia ad Attilio Fontana, che hanno salutato con sollievo la scelta, consapevoli che non era più possibile proseguire nella realizzazione del programma concordato. Abbiamo deciso così non per capriccio né per calcoli elettorali ma nell’interesse del Paese e a riguardo la Lega non è mai stata così compatta».

Resta l’impasse del regionalismo differenziato. Il ministro Erika Stefani è uscita stremata da un anno di trattativa con colleghi di governo i grand commis di Stato ma ora si profila il rischio di ripartire da zero.

«La realtà è diversa. Purtroppo abbiamo dovuto constatare che sull’autonomia, al pari di altre questioni cruciali, le distanze nella maggioranza aumentavano anziché ridursi: in fase di negoziato, nonostante il fantastico lavoro di Stefani, il Movimento 5 Stelle poneva di continuo nuovi ostacoli e obiezioni, evidenziando la volontà di bloccare la riforma. Perciò non abbiamo compromesso nulla, anzi: l’autonomia resta un cardine del nostro programma e, quando andremo al voto, la rilanceremo con forza e convinzione ancora maggiori».

Qualcuno obietta che l’accantonamento dell’autonomia nordista – accolta come fumo negli occhi al Sud – rifletta la strategia nazional-sovranista di Salvini, per nulla incline a rinunciare a mietere voti nel Mezzogiorno...

«Chi afferma questo ignora che il regionalismo differenziato, fondato sull’assunzione di responsabilità, non è un regalo a lombardi e veneti ma una grande occasione di riscatto per l’intero Paese, a cominciare dal Sud. C’è chi sta trumentalizzando questa prospettiva per mantenere gruppi di potere rivelatisi incapaci ma ci sono anche tanti cittadini del Sud che apprezzano la nostra proposta e lo stanno dimostrando alle urne».

E la Lega veneta? Conclusa la stagione del segretario Gianantonio Da Re, lei ha assunto il mandato commissariale per volontà salviniana. Un incarico precluso in partenza ai consiglieri regionali e in primis al capogruppo Nicola Finco, candidato della vigilia, con inevitabili malumori. In proposito c’è chi lamenta che un veronese rappresenti più i “lumbard” che le terre della Serenissima...

«Ma io sono figlio di una trevigiana di Pederobba (ride ndr) e, soprattutto, non sarò mai un uomo solo al comando. Gli impegni sono tanti e io ricerco il concorso di tutti, a cominciare da Zaia e Stefani, che vorrei al mio fianco in una specie di “cabina di regia”, che valuterà e concorderà tutte le scelte più importanti. Ne abbiamo già parlato, lavoreremo insieme».

Il metodo collegiale includerà anche la nomina dei commissari provinciali e, in caso di elezioni, la definizione dei candidati e delle liste?

«Certo che sì». –

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