Treviso, il collezionista che fa rivivere i vecchi proiettori del cinema
Francesco Baggio raccoglie e recupera, restaura e mette in funzione le macchine in disuso. Organizzando spettacoli “filologici” all’aperto
TREVISO. Nel 2015 Quentin Tarantino faceva uscire nei cinema americani il suo revenge western “The Hateful Eight”, capolavoro che fruttò l’Oscar alla colonna sonora di Ennio Morricone. Il regista, per una miglior resa visiva dell’opera sul grande schermo, da integerrimo purista della tecnologia qual è sempre stato, aveva utilizzato il formato “Ultra Panavision”, pretendendo che un centinaio di sale fossero dotate di un proiettore a 70 millimetri (“The Hateful Eight” è il decimo film nella storia del cinema con questo formato, in voga tra gli anni Cinquanta e Sessanta, da “Ben Hur” a “La conquista del West”). Poiché si trattava di macchine in disuso la Weinstein Company, produttrice dell’opera, incaricò la Boston Light & Sound di trovare i vecchi proiettori voluti da Tarantino, raccattandoli in tutto il mondo. E così varie macchine, seppur rare e preziose, sono state trovate e acquistate anche in Italia.
Una di quelle che si è salvata dalla “razzia” tarantiniana oggi è a Treviso, tra le mani di un appassionato collezionista e restauratore di proiettori d’epoca, Francesco Baggio, che come un supereroe della Marvel, di giorno lavora in banca e di notte si rifugia nel suo laboratorio, chiamato “L’antro del mago”, per far rivivere l’antica magia di un fascio di luce nel buio.
«Quella voluta da Tarantino è una macchina monumentale con una lampada da 4 kilowatt, concepita per grossi spettacoli» racconta Baggio «come la Victoria 8 35-70 del 1969 che sto rimettendo in piedi. Si tratta di un proiettore a 70 millimetri, come quelli usati per “The Hateful Eight”, una rarità dato che il formato “Ultra Panavision”, che è il più panoramico in assoluto, era considerato un formato defunto. Questa l’ho trovata in un magazzino dismesso nelle parti del veneziano, completamente smontata, da quasi un anno ci sto lavorando per riassemblarla, pezzo dopo pezzo, vite dopo vite e portarla al pubblico: il mio sogno sarebbe quello di proiettarci “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick».
Sì, perché Francesco Baggio è noto per la sua attività di proiezionista con macchine storiche, che da qualche anno pratica in Veneto, per le serate di cinema all’aperto a Treviso e nelle località turistiche del litorale. Con la sua Victoria 6 del 1959, che ha restaurato montando una lanterna originale a carboni, ha incantato il pubblico proiettando capolavori come “Signore e Signori” di Germi, “Guardie e ladri” di Monicelli, “Il Buono il brutto e il cattivo” di Leone, “Roma” di Fellini con le pellicole originali che gli sono state inviate nelle tradizionali “pizze” dalla Cineteca Nazionale di Roma. Si tratta dello stesso tipo di macchina usata da Giuseppe Tornatore nel suo celeberrimo “Nuovo cinema Paradiso”, che ci riporta indietro nel tempo, quando la proiezione non era solo una visione.
«Con questi eventi all’aperto, organizzati in collaborazione con l’associazione “Teatro che pazzia”, vogliamo far provare al pubblico un’autentica esperienza plurisensoriale di cinematografo» spiega Baggio. «Gli spettatori sentono l’odore di zolfo dei carboni del proiettore, il suo tipico rumore nel lontano sottofondo, quel leggero sfarfallio dell’immagine, quasi impercettibile ma presente un tanto per farla apparire come una sorta di magia. Siamo partiti dalle piazze, proprio come si faceva una volta con il cinema ambulante, ma vorremmo arrivare nelle scuole per poter coinvolgere le nuove generazioni e sensibilizzarle a una conservazione di questo patrimonio, che testimonia quanto la virtualità racchiusa nel loro cellulare abbia antenati nella “fisicità” dei proiettori e delle pellicole».
Ma la collezione di Baggio include anche le versioni “portatili” della Victoria 6 di Tornatore, come la Cinemec LX 1000 o la Microcine Tau 35, dotate di lampada allo xenon e di costruzione più recente, fino alle macchine per pellicola 16 millimetri, tra cui la Pio Pion Eureka a carboni del 1960, le gigantesche Fumeo HL3000 e HD2000 degli anni’80. Quella a cui è più affezionato è la Fumeo 16mm del 1963, come la macchina che aveva suo zio prete a Camalò di Povegliano, che gli fece scoprire la passione per i proiettori fin da bambino nella sala parrocchiale.
«Dalla metà degli anni ’90 ad oggi ho restaurato 25 proiettori storici» chiude il collezionista «recuperati soprattutto dalle chiusure graduali delle sale cinematografiche nel nord Italia: volevo salvare almeno il sogno di farle rivivere attraverso le loro macchine. L’emozione più grande l’ho provata restaurando una Fedi 10X, quando ho trovato al suo interno la firma di chi l’ha costruita e la data 26/10/1949 in un posto che solo un tecnico esperto avrebbe scoperto: una sorta di “messaggio nella bottiglia” per chi l’avrebbe restaurata. Impersonare oggi la figura del proiezionista a carboni, scomparsa da più da cinquant’anni, mi fa sentire dentro a un film, che nel suo meccanismo di proiezione unisce la componente scientifica con l’illusione, lo scatto che si trasforma in movimento continuo, la tecnica e l’arte, il sogno che incontra la realtà e che non deve finire mai».
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